Da ragazzino sognavo di fare il regista cinematografico.
Avevo in mente questo indistinto capolavoro del cinema che mulinava sotto forma di immagini, colori. Non c'era una vera storia. Solo sensazioni, e un mucchio di quadri cosmici che si alternavano quando chiudevo gli occhi, prima di addormentarmi. Doveva essere un thriller, con un personaggio solitario che abitava in una grande città americana e votato a profonde riflessioni. Doveva essere anche una metafora delle condizioni umane e sulla posizione dell'uomo in rapporto all'universo.
Anni dopo ho visto 2001, e ho scoperto che le immagini che sognavo per il mio capolavoro erano tutte lì. In quel film. La danza delle astronavi, con la musica di Strauss in sottofondo. I pianeti che emergono dal buio interstellare. Gli astronauti che si spostano lentamente nelle loro tute. E mi ricordai di aver visto il film di Kubrik da bambino, che le sue sequenze mi erano entrate in mente alimentando la mia fantasia e il mio senso estetico. E nonostante la complessità del film, avevo anche capito che quelle immagini, quella storia, raccontavano qualcosa di molto più profondo e importante di una faccenda di cosmonauti e misteriosi monoliti. Era la Storia dell'uomo, della sua indiscutibile solitudine, forse. Quella che io non capivo e perciò non prendeva corpo nel mio favoleggiato capolavoro cinematografico.
Ancora oggi, se devo immaginare un salto di qualità in ciò che racconto, se devo andare più su, ripenso al film che sognavo da bambino. Al significato da attribuirgli. E penso a Kubrik.
Al suo film talmente alto da lasciarmi senza fiato. Come se dovessi tendervi piano piano, un gradino dopo l'altro, benché convinto che non raggiungerò mai la vetta.
Scusate. Ho scoperto per caso la discussione di Raffaele e non ho potuto fare a meno di raccontare questo aspetto della mia infanzia (è la prima volta). Ma è per dirvi, in realtà, che il cinema di Kubrik è un mio talismano. Inoltre domenica scorsa ho rivisto Spartacus.
Per questo sono stato colto da attacco di grafomania.
A presto.
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