00 30/12/2006 16:57

Il film è Shortbus, non shortcut (te lo dico solo perché così non rischi di perderlo )



OK, grazie.


Il problema del teatro è un po' lo stesso problema che regna nel mondo editoriale: tanti scrittori e pochi lettori.



Io credo che il problema nel teatro sia leggermente diverso dal problema editoriale. o forse è solo che conosco un po' di più il problema del teatro.
Il teatro, semplicemente, è lontano dalla gente. Non la rappresenta perchè è vissuto frequentemente (non sempre, ma cmq spesso) come "cultura alta", impomatata. Lontano dalle sue radici, origini. Quando ammiro il teatro elisabettiano è non solo nei suoi aspetti "tecnici" (assenza di impianti scenografici, palco seminudo, drammaturgia condivisa, etc) ma anche nella sua grande partecipazione popolare (direi popolana).


Però sarebbe interessante ragionarci su, forse si scoprirebbe qualche ipotesi che permetta di fare proposte "innovative" e quindi capaci di riportare gente al teatro.



Viva!


Cinema e tv sono troppo differenti dal teatro e non posso pensare che siano stati questi a togliere alle platee.



Cinema e tv sono troppo differenti dal teatro nelle modalità espressive: infatti guidano lo sguardo dello spettatore mentre il teatro lo coinvolge con una esperienza percettiva totale, con un rapporto "diretto" e non mediato dell'esperienza.
Però per molti (dal 1950 in poi) cinema e TV hanno assunto la funzione del teatro nel raccontare la quotidianità. Perchè devo andare a teatro se posso averne la "visione" comodamente seduto a casa mia?
Credo che a questo assalto molti teatranti si siano rifugiati nella tradizione, altri nella sperimentazione, e per un verso o per l'altro si è perso il contatto con la gente, impregnando di intellualismo il teatro. Il teatro ha sempre parlato al popolo, il distacco dalla gente è estremamente pericoloso.
Ora il teatro (il mercato del teatro, intendo) vive di spesso di contributi statali (forse in misura del 40%), sopratutto alla lirica (e anche qui ci sarebbe da discutere...). Funzionano (a livello commerciale) poche cose: qualche musical, qualche classico - uno Shakespeare qui, Pirandello lì -, preferibilmente con un "volto televisivo" come protagonista, i comici. Ed, incredibile a dirsi, funzionano i cantastorie come Marco Paolini, Ascanio Celestini. Attori che hanno ripreso a parlare alla gente, in spettacoli dove, soli sul palco, non fanno altro che narrare, in maniera universalmente intellegibile, storie.


Nascono scuole di recitazione come funghi, e tutti gli insegnanti che conosco (diversi) dicono la stessa cosa: i corsi servono a formare spettatori, più che attori.



Io ho insegnato fino all'anno scorso e personalmente credo che i corsi servano sopratutto a liberarsi, a comprendere meglio sè stessi e la società che viviamo. In seconda battuta credo che servano, per chi ha tenacia, a formare attori professionisti.


Io ho la sensazione che la gente al teatro voglia qualcosa di ben preciso, altrimenti non torna (ho visto abbonamenti pagati e non sfruttati, ed è tutt'altro che un segnale positivo).



E hai ragione. Ma cosa vuole? Vuole pagare poco? Vuole capire quello che vede? Vuole essere coinvolta? Vuole vedere storie al tempo presente? Si vuole solo divertire? Entertainment, come dicono negli USA? O vuole pensare? Vuole il divo che ha visto al cinema?

Mi sono fatto anche io prendere la mano... [SM=g27821]