Allora: a questo proposito vi dirò che una mia cara amica, leggendo La cantatrice muta, ha detto di aver "sentito la mia voce". Cioè, non ha sentito quella "mano" tipica degli scrittori o di chi si cala nel mondo fittizio della scrittura, ma la mia tipica "voce" di quando parlo o mi confido.
Ora non so se considerarlo un complimento o no.
Ci sono autori inconfondibili, vedi la Ginzburg, di cui sembra di sentire la voce, hanno un tono così sapientemente dimesso e confidenziale che ti sembra di sentirli parlare. Ovvio che dipende anche dal registro narrativo che si usa.
Secondo voi, è giusto avvertire la voce dell'autore in una sua narrazione e se lo è, in che misura è giusto che ci sia?
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