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Autore

Ora vi racconto quale sia il mio metodo di scrittura.

Ultimo Aggiornamento: 03/11/2009 00:19
17/01/2008 18:27
RaffaeleAbbate
[Non Registrato]
Ora vi racconto quale sia il mio metodo di scrittura.
Qualcuno potrebbe dire chi se ne frega ma tanto è
Ovviamente mi riferisco alla scrittura di cose impegnative tipo romanzo, non certo le poesie (non mi sento poeta anche se mi piace scriverne) o racconti di pronta beva.
Quello che faccio io è più o meno quello che fa Umberto Eco, l'ho letto in numerosi articoli del professore e quindi è un metodo che dovrebbe funzionare anche se uno non è Umberto Eco.

Prima di mettersi allo scrittoio con la penna d'oca occorre costruire l'universo, lo sfondo il mondo di dove si svolgerà il romanzo.
Occorre cercare e trovare documenti, foto, mappe, orari ferroviari e quant'altro che permettano di conoscere questo universo, di muoversi al suo interno.

Una volta che c'è il materiale si inizia a scrivere.

Questa è la fase più "dolorosa": tanta attenzione, passione, fatica.
Si può dire che è una fatica che asciuga la mente ed infatti di frequente mi devo fermare.

E poi rileggere, controllare che i meccanismi narrativi funzionino e che i personaggi siano attendibili.
Tutto questo è faticoso, ma dona anche una bella sensazione: quasi di avere creato un piccolo universo.

In effetti sono io che decido i destini dei miei personaggi

Voglio sottolineare che io non mi immedesimo nei personaggi, ma cerco di restare all'esterno, lucido.

E' vero che in ogni personaggio c'è qualcosa dell'autore, ma è sempre meglio restarne fuori e cercare di costruire i loro meccanismi mentali e di conseguenza di essi raccontare le azioni e le parole.

Insomma per sintetizzare vedo, ascolto, racconto.

E non sopratutto non spiego le loro introspezioni
Non entro nella mente, non serve.

Credo sia inutile, ma solo le parole e le azioni dei personaggi.

NIENTE FLUSSO DI COSCIENZA

E lascio tutto alla interpretazione di chi legge agendo solo sui fatti.

Il lettore in effetti è un altro elemento della scrittura: è colui per il quale si scrive.

Senza lettore non c'è libro, storia, ma è solo carta e caratteri stampati.

Per sintetizzare: i fatti, le azioni, le parole, il racconto e come i personaggi interagiscono tra loro.

L'unico di cui prendo il punto di vista è il lettore.

Un lettore evoluto, curioso,predisposto al ragionamento, aperto.

Un lettore che deve ragionare davanti ai fatti che metto davanti ai suoi occhi in maniera chiara.

Apparentemente chiara potrei dire.

Potrei dire che non baro.
Anche se in effetti baro.
Perché cerco di portare il lettore dove voglio io e non dove vuole lui.

In conclusione questi i miei sette passi fondamentali:

1) Smettere di scrivere ed iniziare a leggere, studiare
2) revisione critica di quanto scritto
3) regole e disciplina
4) un intreccio che abbia logica
5) i personaggi
6) pulizia del testo
7) le 5 W(who, when , why, what where) Vale a dire: Chi (i personaggi) Quando (il tempo del racconto), Perchè (le motivazioni) Cosa (gli eventi) Dove (l'ambiente)

Spero che queste mie osservazioni siano di stimolo ad una ampia discussione, mi interessa conoscere le opinioni di molti.

Grazie
18/01/2008 21:48
Post: 4.812
Registrato il: 21/11/2005
Utente Master
OFFLINE
Grazie Raffaele, per questo tuo intervento importantissimo.
I.
_________________________________
Ginger Rogers eseguiva tutti i passi di Fred Astaire, ma all'indietro e sui tacchi a spillo.
Remember, Ginger Rogers did everything Fred Astaire did, but she did it backwards and on high heels
(Faith Whittlesey)
20/01/2008 15:05
Post: 1.152
Registrato il: 28/09/2006
Utente Veteran
OFFLINE
Interessanti questi appunti di scrittura, Raffaele!
su una sola cosa non sono proprio d'accordissimo: i flussi di coscienza. Io parto dal principio che la scrittura simula il vivere, tu quando agisci vai avanti come una macchina e basta? non ti fermi mai a pensare?
Pensa solo a tutti quei romanzi incentrati sugli eroi cosiddetti negativi che non concludono mai niente, se non ci fossero i flussi di coscienza a sorreggere la narrazione di cosa parlerebbe l'autore?
per il resto sono più o meno d'accordo, anche se certe volte trovo sia opportuno lasciarsi prendere la mano da un personaggio e farlo agire come dice lui.
-------------------------------------------
http://digilander.libero.it/giomi.isabella/
http://blog.libero.it/tanysha/
20/01/2008 19:32
RaffaeleAbbate
[Non Registrato]
e chi ti dice che i miei personaggi non facciamo quello che vogliono loro...
io mi limito a descrivere le loro azioni e narrare i loro dialoghi

non caso uso in prevalenza il presente storico

sul flusso di coscienza intendo quelle lunghe riflessioni ed arzigogoli

è tollerabile in Joyce e Italo Svevo, ma non tutti, me compreso, siamo quei due maestri
04/02/2008 17:28
veronica.79
[Non Registrato]
Ciao! ho trovato molto interessante questo tuo intervento, soprattutto perché io scrivo in modo completamente diverso da come lo fai tu e il confronto è sempre una grande occasione per riflettere.
Scrivo sempre di luoghi e ambienti che conosco, quindi quello studio preparatorio al quale tu dedichi molto tempo ed energie si riduce ai puri dettagli e a qualche banale verifica dei miei ricordi.
I personaggi e le storie le traggo dalla realtà, la mia deve essere una deformazione professionale: venendo da anni di giornalismo e cronaca faccio fatica ad abbandonarmi alla fantasia. Non mi sento a mio agio in quel caso, ho l'impressione di muovermi a tentoni e che quello che scrivo possa risultare poco convincente.
Mi immedesimo nei personaggi, anzi c'è sempre un personaggio che è anche me o quello che vorrei essere. Il narratore è rigorosamente esterno e onnisciente e quindi via libera ai flussi di coscienza, non alla Joyce ovviamente! Ma nei miei racconti sono fondamentali, perché i miei personaggi sono fatti di gesti e sguardi e pensieri, oltre che parole e azioni. Quando comincio a scrivere ho un'idea di massima della trama, i dettagli li decido in corso d'opera.
Per scrivere immagino la scena come fosse quella di un film e la racconto nei particolari. Cerco sempre di ridurre il più possibile le perifrasi e di essere sintetica, ma allo stesso tempo incisiva, senza dimenticare nulla. In questo mi viene in aiuto la ricchezza della lingua e la regola d'oro del giornalismo: "se hai usato due aggettivi, togline uno. Se ne hai usato uno solo, togli quello". Evito di mescolare stili e registri diversi perché ho l'impressione che mettano a disagio il lettore. Brusche variazioni in questo senso, a mio modesto parere, rompono la sintonia che si crea con la parola scritta. Il mio narrare deve essere una melodia coinvolgente, o almeno questa è la mia ambizione.
La coerenza è il mio tarlo. Coerenza nei tempi e nei luoghi dell'azione, ma anche nelle azioni stesse dei personaggi. Il rapporto causa-effetto deve essere sempre esplicito o comunque chiaro, altrimenti ho paura che possa disorientare il lettore.
La prima stesura racchiude già tutto, la seconda è di rifinitura, ma per esperienza so che quello che ho scritto e che non ho scritto nella prima stesura sarà definitivo.
Ecco, più o meno credo di aver descritto il mio modo di scrivere, anche se ovviamente è difficile raccontare in così poche righe un'esperienza come questa. La scrittura mi assorbe totalmente, completamente. Perdo la cognizione del tempo e dello spazio e vivo quasi una realtà parallela: quella del mio racconto. Ed è l'aspetto che più amo di questa magia.
05/02/2008 18:09
OFFLINE
Come scrivere un romanzo
Discussione interessante.
In linea di massima scrivo in un modo abbastanza simile a quello di Raffaele, di cui ho letto la raccolta I Fetenti e il romanzo La Tana del Salmone. Riconosco, in effetti, nel suo romanzo, che merita senz'altro la lettura e di cui devo ancora scrivere una recensione (lo farò), l'effetto del lavoro indicato.
In realtà, però, il mio metodo di scrittura, come ho già scritto altrove, qui, differisce a seconda del romanzo che sto scrivendo.
Nel caso, ad esempio, di Ansia assassina, trattandosi di un thriller, ho seguito maggiormente l'impostazione di Raffaele, descrivendo i personaggi dall'esterno e senza entrare eccessivamente nelle loro menti (un po' sì, però). I personaggi del resto erano tanti e il distacco indispensabile.
Cosa assai diversa ho fatto per i due romanzi Il Colombo divergente e Giovanna e l'angelo. In questi due casi ho scritto addirittura in seconda persona. Nel Colombo sono uno dei personaggi, misterioso (la sua identità si scopre solo nel finale) e conosoco alla perfezione i sentimenti ed i pensieri del mio interlocutore (Colombo) a cui racconto la sua stessa vita, interpretandogliela.
In Giovanna e l'angelo scrivo dal punto di vista di un angelo "ateo" che non sa se sia veramente un angelo o cosa, non ha contatto con Dio, né con altri esseri terreni o ultraterreni al di fuori di Giovanna d'Arco, nella cui mente scruta continuamente e con la quale parla, di se stesso, dei suoi dubbi, di lei e della vita di lei.
Altro discorso ancora andrebbe fatto per la scrittura collettiva (ho scritto in due il romanzo Se sarà maschio lo chiameremo Aida e in tre IlSettimo Plenilunio). Rimando l'approfondimento ad un altro post.

[SM=g7340]
25/04/2008 16:02
Shechan
[Non Registrato]
Davvero interessantissimo.
Ammetto che il mio approccio è diverso anche se alcuni meccanismi simili ai tuoi ce li ho.
Io tuttavia non riesco a restare esterna e lucida a ciò che scrivo, anzi devo dire che forse mi immedesimo troppo, mi lascio totalmente prendere e guidare dalla storia e dai personaggi, tanto che ritengo siano loro a guidare me e non il contrario, diventano amici con i quali dialogo e la razionalità va un po' a farsi friggere, devo essere sincera, perché vado dietro a quello che loro vogliono.
In compenso poi sono però maniacale in fase di rilettura e lì non mi piace mai niente e continuo a ritoccare, forse è uno dei motivi per cui fatico a finire ciò che inizio
26/04/2008 12:18



qua c'è qualcosa di interessante, se non lo conoscete già, una raccolta di dogmi suggerimenti ecc

i quaderni del MdS


comunque, eheh, vi riporto le parole di Flannery O'Connor (pescate dalla mia amica Nicoletta)

" “Negli ultimi vent’anni i college hanno posto in tale rilievo i corsi di scrittura da dare quasi la sensazione che qualsiasi imbecille con un briciolo di talento possa uscire da un corso simile in grado di scrivere una storia con perizia. In realtà, sono così tanti ora a saperlo fare che il racconto come mezzo espressivo corre il rischio di morire di perizia. La perizia non può mancare ma, da sola, risulta letale.Per lo scrittore di narrativa, tutto trova verifica nell’occhio, organo che, in fondo, riassume l’intera personalità e quanto più mondo riesca a contenere. (...)

Ovunque vada mi chiedono se, secondo me, le università soffocano gli scrittori. Il mio parere è che non ne soffocano abbastanza.”


buona "liberazione" a tutti
sopratutto ai colleghi di roma
[Modificato da santiago.gamboa 26/04/2008 12:19]
03/05/2008 19:53
OFFLINE
Grazie Santiago, il link che hai postato è interessantissimo [SM=g7413]
03/05/2008 20:44
Post: 165
Registrato il: 02/03/2008
Utente Junior
OFFLINE
Molto interessante il link di santiago... ^_^

Io a dire il vero non ho un metodo che applico sempre. L'idea base viene "lanciata" sulla carta. Il resto serve per rendere l'idea come è nella mia testa (incisiva, drammatica: dove devo lavorare molto molto): una ricerca di parole per riuscire a comunicare al lettore le mie sensazioni senza negare le sue. I flussi di coscienza alle volte li reputo più importanti delle azioni (in quanto riescono ad esprimere anche le non azioni). Magari nel concetto di azione espresso da voi, implicitamente c'è anche il concetto di non azione; non so.

Io comunque scrivo racconti brevi, ma se dovessi concepire qualcosa che va oltre un'idea forse i personaggi li cercherei di chiudere in schede e creare un filo logico di causa-effetto rapportato agli eventi cronologici.

fabio ^__^
16/05/2008 01:34
OneAle
[Non Registrato]
Interessante
Molto interessante questa discussione, concordo pienamente con il primo post.
Per quanto mi riguarda credo che abbia peccato di eccessiva istintività ed emotività scrivendo il mio primo libro (per ora ho solo questo), sono in contatto con una piccola casa editrice (La Riflessione) per pubblicarlo, il libro è stato letto da 4 persone della redazione e all'unanimità hanno deciso di pubblicarlo.

Devo essere sincero, secondo me il libro non lo merita, proprio perchè ho seguito ben poco il metodo pragmatico e strutturato descritto nel primo post, a parte per alcuni elementi che in questo tipo di libro (techno thriller) andavano assolutamente studiati.
Avendo letto tutti i libri dei grandi maestri ai quali vorrei rifarmi (Tom Clancy Patrick Robinson) ho pensato con spirito critico, da lettore, cosa avrebbe pensato un eventuale lettore del mio libro.

Può piacere un libro poco maturo, poco ragionato, nel quale emerge chiaramente una scrittura istintiva che a un'attenta analisi risulta esageratamente inverosimile?
L'editore per questi miei dubbi mi ha detto che gli scrittori sono afflitti dalla sindrome del revisionismo ad oltranza, però sono sicuro di poterlo fare molto meglio, usando appunto un metodo piu strutturato e meno impulsivo, credo davvero che sia giusto scrivere pensando a chi leggerà quel libro, i libri non si scrivono solo per se stessi, per cui quando lo scrittore/lettore soddisfa entrambe le parti direi che va bene, aldilà di quello che puo pensare l'editore, che spesso secondo me non si rende perfettamente conto di cosa intende lo scrittore con la propria autocritica.
Insomma, credo che gli dirò di aspettare che lo riscriva almeno al 70%. Forse son matto, pensando che è il mio primo libro e che nessuno ti pubblica così come niente.
13/10/2008 15:42
agrimensore g
[Non Registrato]
Anch'io scrivo all'incirca come Raffaele (tra l'altro anch'io non mi sento poeta). Però secondo me la prima parte, la ricerca, la documentazione, è forse la più interessante e soprattutto lo trovo tempo ben impiegato. Quando ho scritto un giallo, ho intervistato un magistrato per conoscere l'attuale codice di procedura penale ed è stato davvero sorprendente. Ora, non è che sia diventato un esperto, ma qualcosa credo di aver imparato.
Riguardo ai flussi di coscienza, anch'io non ne abuserei, però nel giallo li ho usati con una particolarità: il lettore non sapeva mai chi stava riflettendo (ogni volta erano personaggi diversi della storia) salvo scoprirlo qualche pagina dopo.
17/08/2009 14:57
MattSan
[Non Registrato]
Molto interessante.
Tuttavia mi trovo in disaccordo su un fatto.
Quando si scrive, soprattutto in ambientazioni fantastiche ma anche reali pur se con minor frequenza, trovo molto interessante, emotivo e coninvolgente il fatto di entrare nella mente di un personaggio, di dare il suo punto di vista anche solo per tre righe. Come un grande occhio, che racconta, narra, e che ogni tanto scende a guardare un personaggio più da vicino.

Cito Il Signore degli Anelli del Maestro Tolkien, quando descrive ciò che accade, poi fa punto e a capo e dà l'interpretazione di ciò che succede con gli occhi di Sam, o di Pipino, o di Boromir.

Lo trovo un metodo di scrittura fenomenale.
Un po' alla Crichton insomma.

Aloha!
03/11/2009 00:19
moitiermoitier
[Non Registrato]
Grazie!
Molto interessante il tuo post. Sono d'accordo con MattSan sul flusso di coscienza, ogni tanto ci vuole. Io lo metto fin troppo spesso XD
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