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Riflettevo ancora sulla questione della "diversità", del salvarsi creando(scrivendo, nel nostro caso), della speciale posizione della donna in questo senso. È davvero speciale?
Ho pensato ad Anais Nin, che dello scrivere aveva fatto un'ancora di salvezza. Ecco... mi sembra emblematica la sua figura. Da sempre sofferente per l'abbandono della sua famiglia d'origine da parte del padre, forse persa nell'insicurezza del non essere riconosciuta, "confermata", dell'essere appunto "lasciata" a se stessa. "Fermava" tutto con la scrittura, nei suoi famosi diari, e divenne poi scrittrice di professione. Espose se stessa, nuda e cruda, nella scrittura. Penso che si debba molto ad artiste come lei. Che si sono raccontate pagando
un prezzo alto e spezzando molte catene, spianando una strada.
Ha toccato degli estremi, certo. Direi che si è "spolpata" in nome dell'autoaffermazione. Mi son detta allora: c'è molta sincerità nella donna che scrive, la donna ha bisogno di svelarsi, di togliere strati di molte cose. La donna ha bisogno anche di questo tipo di lavoro, ma anche l'uomo suppongo, ha delle "armature", dei puntelli non indifferenti. Non penso che l'uomo sia più libero, ha il suo bel fardello, anch'esso pesante. Nel dover essere, ad esempio, sempre all'altezza di una situazione, già esposto, a tenere sulle spalle il peso del suo ruolo, a dover essere "forte" e primeggiare sempre e comunque... |