cristina67@, 04/05/2012 12.47:
Secondo me, noi che viviamo molto a contatto con i libri, rischiamo di divenire ipercritici con quello che leggiamo, ce lo godiamo meno perche' non lo buttiamo dentro e via, non lo scorriamo piu' a "livello di pancia". La parte emotiva ne soffre. Ormai, se io leggo qualcosa per una recensione, devo sforzarmi molto per dividere il mio giudizio in due parti: quello emozionale e quello che deriva da un apprezzamento piu' formale di un manoscritto. Credo che le persone 'normali', invece, anche a livello di lettori forti, siano meno inflessibili di quanto temiamo. Vengo al punto: dovremmo essere meno severi anche con noi stessi quando scriviamo. Il che non significa non sforzarsi di migliorare, ma pure non credere che una parola ripetuta a distanza ravvicinata rendera' la pagina una schifezza.
Il lettore tecnico vede di sicuro cose che il lettore istintivo non vede e viceversa. Questo può dare come risultato mandare avanti scritti che non riescono a far superare le prime due pagine e magari lasciare indietro scritti interessanti solo per uso maldestro di congiuntivo o scarsa varietà di sinonimi. Su questo credo non ci piova. Quindi, come bisogna leggere veramente per usare il doppio binario di cuore e mente? Leggere le cose altrui come fossero nostre e le nostre come fossero degli altri. Però, scusami, se leggo un argomento che mi interessa, non faccio mica caso alle ripetizioni o ai congiuntivi, però è anche vero che l'attenzione cala automaticamente se il mio senso critico si scontra con una imperfezione. Come la mettiamo?
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