00 14/07/2008 10:18
11 luglio, ore 21,30


Eccomi reduce, sopravvissuta ai festeggiamenti calabri.

Sono arrivata a Reggio Calabria con l’idea di una toccata e fuga. E così è stato.
Ma tra la toccata e la fuga mi si è aperto un universo.

Intanto Reggio è una città sontuosa. E’ generico dire bella. Non dice nulla.
Invece l’ho trovata elegante, quasi regale, con quel lungomare scenografico costeggiato di magnolie centenarie dai tronchi contorti che sembrano le case delle fate.
Avevo appuntamento davanti al locale dove avrei relazionato sul mio romanzo – il chiostro di una chiesa, sul corso principale della città - con Maria Teresa, l’addetta stampa della casa editrice Laruffa, alle 20,30. Oramai siamo diventate amiche, lei ha visto crescere il mio romanzetto. Un po’ come fare amicizia con l’ostetrica che ti ha fatto partorire o con la baby sitter.
L’Associazione Alassilaos ci aveva gentilmente concesso la sua supervisione. Ignoravo come, perché, quanto, e a che livello. Insomma, immaginavo una di quelle solite serate sonnacchiose con l’autore che monologa o quasi davanti a qualche fila di poltrone di metallo semivuote. Invece…

Nella mia modesta esperienza in materia, non potevo immaginare quanto fossi lontana dalla realtà. Insomma, si è svolto tutto in grande stile, con tanto di intervista fatta a me medesima da due giovanissime e acute giornaliste di una rivista locale, che non si sono limitate alle solite domandine di rito, ma hanno voluto sapere tutta la genesi del romanzo dall’inizio del concepimento in poi. In breve tempo il locale si è riempito. Un’organizzazione ineccepibile, due soci si sono proposti per il reading di alcuni brani del romanzo. C’è stato un intervento dell’editore Roberto Laruffa sulla funzione del concorso “Emozioni d’inchiostro”, che mira a proporre all’attenzione del pubblico ogni anno un autore, scelto non sulla base della provenienza geografica, ma esclusivamente in base al gusto della giuria. Qui io ho commentato precisando che questo non è scontato per tutti gli editori, poiché in molti concorsi letterari, come molti sanno, regna il campanilismo e vengono premiati ahimè, i concittadini del promotore. L’editore ha risposto che questo non porterebbe a nulla. Poi Maria Teresa d’Agostino ha fatto un bel discorso sulla trama del romanzo e sulle sue possibili chiavi di lettura. Sono intervenuta io, ho anche risposto alle domande di due signore che avevano già letto il libro.
Insomma, non so se s’è capito, una serata viva, incentrata solo sul mio romanzo (io dentro di me speravo ardentemente che intervenisse qualche musicista o cantante pittore, a diluire un poco l’atmosfera, perché tutta quell’improvvisa dose di protagonismo mi dava le vertigini, e invece tutto continuava a ruotare solo intorno a me e alla mia opera).
E tutto all’insegna dell’entusiasmo, della serietà, del credere in ciò che si promuove, del considerare l’autore come un vero autore e non come un piazzista, un venditore porta a porta o un pollo da pelare.
Dice: sai che sforzo parlar bene dell’editore che ti ha pubblicato.
Non è vero! Capita di venire pubblicati o di vincere dei concorsi, ma raramente ho trovato tanto entusiasmo, empatia e calda partecipazione (come se il caldo di venerdì 11 luglio non bastasse!). Per esperienza so che queste cerimonie di solito si risolvono nella consegna di una pergamena ricordo e in una stretta di mano, in un’atmosfera fredda e stantia. Questa è una pubblicazione un po’ più importante delle altre mie passate, certo, ma capita raramente di trovare gente che crede così tanto in ciò che fa e ti sa trasmettere il suo sprint.

Persino la moglie dell’editore aveva letto il libro, e anche questo mi ha dato la misura del coinvolgimento generale. Non credo che capiti spesso. In altre situazioni la gente fa finta di avere letto il romanzo, o gli ha dato un’occhiata frettolosa. Questa ragazza, che tra l’altro sta per avere un bambino – le faccio molti auguri – mi ha pure chiesto di chiarirle alcuni passi della scena finale.
Insomma, una serie di sorprese piacevoli, una dietro l’altra. Un’ andata e ritorno di quattordici ore, sì, ma con in mezzo tutto un mondo.
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