F.I.A.E. - FORUM INDIPENDENTE AUTORI EMERGENTI E' un forum di autori esordienti e lettori esigenti. Dove si commenta con spirito critico e si impara attraverso il confronto.

Il mestiere dello Scrittore - Bobin

  • Messaggi
  • OFFLINE
    esteriade
    Post: 2.120
    Registrato il: 22/11/2005
    Utente Veteran
    00 10/07/2007 12:43
    Non conosco questo scrittore francese, di cui L'Avvenire ha pubblicato quel che segue (non leggo neppure mai L'Avvenire, a dir la verità. Ho solo raccolto una segnalazione e posto l'articolo: mi è sembrato carino. Romantico, poetico, spirituale, ma dice cose che mi sono sembrate belle, soprattutto nel parlare di bambini e... leggetelo [SM=g27822] )

    Il mestiere dello Scrittore
    Di Christian Bobin

    Io sono uno scrittore. Ci ho messo quarantatré anni per pensare e
    pronunciare questa frase: io sono uno scrittore. Perché ho fatto
    tanta fatica a pensare e poi a dire ad alta voce una frase così
    semplice: io sono uno scrittore? Perché, ancora oggi, essa mi fa
    sorridere, come si sorride a dire apertamente una cosa alla quale, in
    fondo, non si crede? Esistono diverse ragioni di questo sorriso. La
    prima ragione vado a cercarla molto indietro, nella camera interdetta
    dell'infanzia. I bambini sono le sole persone grandi che io conosca.
    I bambini sono gente di viaggio, anime di grandi spostamenti. Quando
    vengono a questo mondo, non hanno né vestiti, né parole, né denaro,
    non posseggono nessun altro bene che il bisogno, la fame, le lacrime
    e il sorriso. Le persone che li accolgono, che danno loro asilo per
    venti, trent'anni, per tutta la vita, le persone che dicono al
    bambino: entra, fa come se fossi a casa tua, posa il tuo sorriso in
    un angolo, ci terrà compagnia, già ci rischiara un po', queste
    persone, albergatrici dell'infanzia, noi li chiamiamo genitori. I
    bambini rimangono dove la porta si apre. Giocano fuori nel cortile,
    rientrano alla sera, abitano là per anni e per anni, con la loro
    anima inafferrabile, è come se fossero sempre di passaggio. I bambini
    sono degli stranieri che vivono presso i genitori. Quand'ero bambino,
    non ho mai voluto essere qualcuno. Pilota, pompiere, lo si vuol
    essere a sette, otto anni. Ma io sto parlando di un'epoca ancestrale.
    Parlo dei primi due o tre anni. Il bambino di due o tre anni non vuol
    fare alcun mestiere. Non sa che cos'è un mestiere. Fondamentalmente,
    essenzialmente, egli non vuol essere niente, e cioè vuol essere
    tutto. Vuole stare in cucina, imbrattare di cibo la tovaglia di
    plastica e, allo stesso tempo, con la stessa intensità, vuole essere
    nella mosca che danza contro la finestra, nel cielo che scorre di
    fuori, e nel bosco incantato delle fate, nel bosco di cui i lupi non
    trovano mai l'ingresso, il bosco dell'amore dal qu ale il mondo è
    cacciato, bandito.
    Oggi non abbiamo perduto tutto, tutto. Abbiamo perso il gusto e i
    modi del vivere insieme. Ci fa difetto l'intelligenza. Ci manca il
    tempo. Ci abbandona il cuore. Non ci resta che quanto ho detto, e
    dico malamente, non ci resta che la terra vergine dei continenti
    dell'infanzia, l'eldorado dell'infanzia ribelle. Finito il comunismo.
    Finita la fede in un mondo migliore, ed è un bene che sia finita. Il
    mondo va sempre verso il peggio. Se lo si lascia andare solo, il
    mondo va verso la distruzione di quanto in noi c'è di gracile e di
    prezioso. Non si può lasciare la società un secondo senza
    sorveglianza, che essa prende la strada della stupidità e del crimine
    - è più forte di lei - la strada che porta a Kolyma, a Sarajevo, a
    Treblinka e ad altri luoghi, i cui nomi sono nomi Sacri della storia
    degli uomini.

    È finito il comunismo, ma ce ne rimane uno, uno solo, e quello non ci
    sarà tolto. Abbiamo distrutto quasi tutto. Ma non possiamo
    distruggere tutto. Ci rimane l'essenziale, il comunismo
    dell'infanzia, la prova comune a tutti d'essere stati un giorno
    bambini sulla terra e di esserlo ancora, perché è inesauribile e più
    forte della stessa morte, un bene che né la morte né l'economia
    possono insidiare.
    Io non ho un mestiere. Scrittore non è un mestiere o forse è un
    mestiere da bambino, un gioco. Io imbratto la tovaglia d'inchiostro e
    sono nello stesso momento, e con la stessa intensità, nella mosca che
    danza contro la finestra, nel cielo che sfuma e nel bosco pieno di
    luci delle fate, quel bosco di cui i filosofi non riusciranno mai a
    forzare l'ingresso, il bosco d'amore dal quale il mondo e cacciato,
    bandito, escluso. Davanti alla pagina, il tempo in cui scrivo,
    rinuncio ad essere qualcuno - foss'anche uno scrittore. Perché è
    davvero troppo poco essere qualcuno. Perché è meno di niente. Ho
    quarantatré anni e continuo a voler essere tutto. I quarant'anni dopo
    i primi tre non sono passati invano. Mi hanno insegnato che non tutto
    è pos sibile. Me l'hanno insegnato a mie spese. Ma non perché è
    impossibile, una cosa la si deve abbandonare. Ho tre anni più
    quaranta, voglio da sempre ciò che so impossibile, scrivo libri,
    dormo, attendo, consumo l'inchiostro insieme al mio tempo, cammino
    nel bosco incantato delle fate, non ho più paura dei lupi, so come
    allontanarli meglio che non il fuoco, conosco delle parole sulla
    pagina bianca.
    Lavorare sulla lingua significa agire sul mondo: se i nazisti, di
    fronte alle cataste di corpi martirizzati, imponevano ai deportati di
    non parlare mai di «cadaveri» ma di «marionette», era perché è più
    facile bruciare delle marionette che un essere umano. Noi abbiamo due
    corpi innestati l'uno sull'altro, il corpo di carne e il corpo del
    linguaggio. Quando il dolore o la gioia coglie l'uno, l'altro ne
    avverte il riflusso. Quando la menzogna si impossessa del linguaggio,
    nella carne spunta la morte. Proprio perché certe parole ci uccidono,
    altre parole possono resuscitarci. È anche per questa ragione che non
    mi considero uno scrittore: credo troppo al potere di resuscitare che
    ha la scrittura per attardarmi un solo istante nella ricerca estetica.
    I libri che amo sono i libri estenuati di prostrazione e di gioia,
    scritture rese stupide dalla loro intelligenza brutale, libri malati
    di salute che reinventano ogni volta un nuovo genere di lettore.
    Manca il termine per definirli. Si può a malapena tentare un elenco:
    tutto Rilke, tutto Pascal, tutto Dostoevskij. E così via.
    Questi libri sono scritti con la parte sommersa dello spirito, là
    dove lo spirito tocca le acque oscure dell'inconscio, nelle
    profondità del profondo. Questi libri partecipano dell'idiota e del
    divino: non si può raggiungere questa luce del profondo senza
    attraversarne la propria stupidità, con il rischio di riportarne un
    poco in superficie, come alghe impigliate nelle reti dei pescatori. È
    un grande rischio o è sforzo di apparire sempre intelligente uno
    sforzo sterile e, contemporaneamente, un esempio di st upidità.
    Io non cerco mai la scrittura. È la scrittura che viene a me. È
    qualcosa che esce dal mondo e che mi ferisce. Scrivere è scoprirsi
    emofiliaco, sanguinare inchiostro alla prima sbucciatura, perdere ciò
    che si è a vantaggio di ciò che si vede. Si scrive perché si ha una
    malattia della pelle, perché ci si accorge d'essere venuti al mondo
    senza pelle e che il più leggero contatto provoca risonanze di sogno
    e brucia un nervo oscuro. Il mondo batte il tam tam, sulla carne
    viva. Non rimane che ricopiare, trasmettere il tam tam su di un
    tamburo di carta bianca. È questione di musica più che di senso. È
    una questione di silenzio più che di musica. Il mio vero desiderio
    non era di scrivere, ma di starmene in silenzio. Sedermi sulla soglia
    d'una porta e guardare quel che capitava, senza aggiungere nulla al
    grande brusio del mondo. Questo desiderio è il desiderio di un
    autistico. Tra il termine «autistico» ["autiste" in francese, ndr] e
    il termine «artista» ["artiste" in francese, ndr] c'è una sola
    lettera di differenza, niente di più. Mi hanno parlato di un paesino
    nei pressi di Orléans. Vi sonnecchia una piccola chiesa del
    dodicesimo secolo. Se la si vuol visitare, bisogna chiedere la chiave
    a un giovane disabile mentale che vive in questo paesino a casa dei
    suoi. Egli vi apre il portone, vi prende per mano e illustra ogni
    statua, ogni bassorilievo. Io non ho avuto la fortuna di sperimentare
    tale visita guidata. Posso solo immaginare lumi sorprendenti
    intrecciantesi tra il Dio vegetante in un angolo dell'altare maggiore
    e l'infermo che incespicava nella sua parola. Lo scrittore non è un
    Dio, e neppure un infermo. Per essere l'uno o l'altro, gli manca la
    semplicità che non ha e che non può avere. Ma sono sicuro che tutti i
    grandi libri nascono nel punto in cui scocca la scintilla tra due
    poli, nella conversazione che si stabilisce tramite noi tra il divino
    e l'infermo, nell'incontro improvvisamente felice tra lo spirito
    intorpidito e la carne ferita. Scrivere è cam minare in una piccola
    chiesa romanica del dodicesimo secolo, nei pressi di Orléans, con la
    più nobile compagnia che esista - ed è vero che il nome dello
    scrittore, da solo, è rumoroso sulle pietre del pavimento, fin troppo
    rumoroso. Ma, dopo tutto, che importa: non si tratta che di scrivere.
    Non si tratta che di giocare.
    Il rumore dei bambini che giocano ricopre tutti i rumori del mondo.
    Scrivo a fine mattinata, nella stanza più ampia dell'appartamento.
    Scrivere è quando la pagina ha improvvisamente lo spessore d'un cielo
    basso e si presagisce la neve. Ciò che il cuore racchiude trova la
    via d'uscita e si precipita di fuori come una massa bianca.
    Lo scrivere è il cuore che scoppia in silenzio e poi più nulla, quasi
    nulla: lettere che compongono parole, parole che si presentano e si
    saldano in frasi, frasi che sprofondano e si perdono nel mattino
    d'inverno.
    Scrivo alla macchina. Non so scrivere a mano nuda. La mano, per la
    sua vicinanza fisica al foglio, dà alla scrittura una certa
    ingenuità. La macchina stabilisce quel niente di distanza che è
    necessaria, il freddo indispensabile per accostarsi al fuoco, per
    avvolgere il fuoco in un foglio di carta bianca.
    I giorni in cui non scrivo sono i più numerosi.

    Arrivano come dei barbari, si moltiplicano talora fino a raggiungere
    settimane e mesi. Non mi fanno più paura. Non ho più paura di niente
    - se non di sottrarmi a quella vita nobile che scorre nella mia vita
    come scorre in qualunque altra vita, anche la più miserabile, la più
    deprivata, anzi soprattutto in questa. Non ho mai un piano, nessun
    metodo. Non ci sono più regole per scrivere di quante ce ne siano per
    amare. In ambedue i casi bisogna inoltrarsi soli e spogli di
    consigli, senza la convinzione che esistano convenzioni da
    rispettare, conoscenze da possedere. Quando io comincio a scrivere,
    quello che devo scrivere è già tutto presente, e non attende altro
    che di essere ricopiato. Altrimenti è inutile - non vale la pena di
    cercarlo, di invocarlo, di vole rlo. Nella prima frase c'è già tutto
    il libro. Non posso dire: qui non c'è ancora niente e, il secondo
    dopo, arriva il testo. Non posso dirlo come non posso delimitare con
    precisione il luogo dove cade la pioggia da quello dove non cade.
    Quando piove, si ha l'impressione che abbia sempre piovuto e che
    pioverà per sempre. Lo stesso quando fa bel tempo. Così anche davanti
    alla scrittura, davanti al diluvio della vita bianca.
    La scrittura è una zingara che si accampa a casa mia a intervalli
    irregolari, che parte senza preavvertirmi. È un suo diritto che mi
    lasci senza alcuna spiegazione, senza discutere le ragioni della
    partenza, senza pretendere di addolcirla con ragioni che finirebbero
    per rivelarsi false, è un diritto elementare di coloro che amo. A
    quelli che amo, io non chiedo nulla. A quelli che amo chiedo solo di
    sentirsi liberi da me e di non rendermi mai conto di ciò che fanno o
    di ciò che non fanno, e, naturalmente di non esigere mai una cosa
    simile da me. L'amore funziona solo con la libertà. La libertà
    funziona solo con l'amore.
    Io sono come la mia amica scrittura, nomade. Io che non esco quasi
    mai da questo appartamento, mi muovo moltissimo. Nessuno è più
    collegato al mondo di me nei giorni in cui la mia porta resta chiusa.
    Nessuno scrive più di me nelle ore in cui non scrivo niente.

  • OFFLINE
    cattleja
    Post: 862
    Registrato il: 28/09/2006
    Utente Senior
    00 10/07/2007 14:53
    molto bella questa visione estraniata delle cose, fa ricordare che dovremmo curare molto di più il nostro bambino interiore e cercare di essere meno velleitari. Ma che altro ha scritto il tipo?
    -------------------------------------------
    http://digilander.libero.it/giomi.isabella/
    http://blog.libero.it/tanysha/
  • OFFLINE
    esteriade
    Post: 2.121
    Registrato il: 22/11/2005
    Utente Veteran
    00 10/07/2007 15:14
    Non ne ho idea Catt. Non avevo mai sentito nominare Bobin, prima di ieri. Indagherò.
  • OFFLINE
    Hsaretta
    Post: 32
    Registrato il: 23/02/2007
    Utente Junior
    00 21/10/2008 14:00
    Ditemi che è uno scherzo!
    Ho scoperto per caso questo thread...

    Ma... avete per caso visto la nostra home page? :D

    Besos

    Hsaretta Coincidenzetta
  • OFFLINE
    (Ipanema)
    Post: 6.199
    Registrato il: 21/11/2005
    Utente Master
    00 21/10/2008 14:34
    Hsaretta,
    ricevuto tu mia mail?
    Potere noi per fafore aprire zekzion editoren zul forum kon tutta fostra produkzion ja?
    dankeshon (non zapere neppure zcrifere in italianen, figurarsen in tedesken...


    Potere Foi metteren vostri linken di bloggen e siten webben zulla firma di ogni post per lo menenen?
    _________________________________
    Ginger Rogers eseguiva tutti i passi di Fred Astaire, ma all'indietro e sui tacchi a spillo.
    Remember, Ginger Rogers did everything Fred Astaire did, but she did it backwards and on high heels
    (Faith Whittlesey)
  • OFFLINE
    Hsaretta
    Post: 34
    Registrato il: 23/02/2007
    Utente Junior
    00 21/10/2008 18:59
    Fediamo ze ho kapito
    Certo ke foi potere aprire sekzione con nostra produkzione, però la tomanta è: MA A CHI INTERESSA?? :D

    Zi ke ho ricefuto tua email, al solito mi ci vogliono 3 anni per rispondere, e cmq adesso sono ancora più preoccupata. [SM=g7497]

    La firma, eh... Ok adesso ci provo. Rischierò di cancellare tutto il forum, sapete come sono versata io per queste cose tecnologiche. Cmq per l'intanto vi metto i link qui:

    il sito: www.camelopardus.it
    il blog: giraffelibrofile.wordpress.com/

    Comunque se a qualcuno interessa sapere qualcosa di più di Bobin, chieda pure, quel po' che so di questa persona tanto vasta lo metto a disposizione.

    Anzi, comincio subito: i suoi libri sono come un puzzle, sono dei frammenti, delle riflessioni, quasi dei diari, per cui ogni libro è un puzzle che a sua volta però va a comporre un libro più grande: mettendo tutto assieme, si riesce a ricostruire la biografia di questo autore molto schivo.
    Schivo. C'è poi il paradosso, come fa notare lui. Siccome non partecipa a festival, non va in tv, non fa comparsate, è ritenuto un autore riservato. Però, sottolinea lui, i suoi libri sono molto intimi, talmente personali da non nascondere nessun pensiero al suo lettore.

    Fine prima puntata.

    Se volete qualcos'altro, fate un fischio.

    Besos

    Hsaretta Bobinetta
  • OFFLINE
    Hsaretta
    Post: 35
    Registrato il: 23/02/2007
    Utente Junior
    00 21/10/2008 19:10
    Faccio schifo
    Lo dico sottovoce, ma è da mezzora che cerco dove si modifica la firma e non trovo niente... Ve l'avevo detto ve l'avevo detto ve l'avevo detto...

    Besos

    Hsaretta
  • OFFLINE
    crisaliderosa
    Post: 124
    Registrato il: 23/09/2008
    Utente Junior
    00 21/10/2008 20:19
    Re:
    esteriade, 10/07/2007 12.43:

    Io sono come la mia amica scrittura, nomade. Io che non esco quasi
    mai da questo appartamento, mi muovo moltissimo. Nessuno è più
    collegato al mondo di me nei giorni in cui la mia porta resta chiusa.
    Nessuno scrive più di me nelle ore in cui non scrivo niente.



    Che mito quest'uomo, quanto è vera quest'ultima frase, me la sento addosso. Tutto lo scritto che ha riportato Esteriade mi piace tantissimo. Grazie amici del forum di farmi scoprire mondi così gentili. [SM=g7282]
    Ora sarà mia cura andarmi a leggere qualcosa dell'omonimo Christian.







    ----------------------------------------------
    L'importante è crederci fino in fondo (alla pagina, perlomeno)
  • OFFLINE
    crisaliderosa
    Post: 125
    Registrato il: 23/09/2008
    Utente Junior
    00 21/10/2008 20:23
    Re: Faccio schifo
    Hsaretta, 21/10/2008 19.10:

    Lo dico sottovoce, ma è da mezzora che cerco dove si modifica la firma e non trovo niente... Ve l'avevo detto ve l'avevo detto ve l'avevo detto...

    Besos

    Hsaretta


    Se non l'hai già scoperto, basta che tu vada in pannello, in cima al forum a destra per chi scrive, [SM=g20550] sotto la voce profilo ti si aprirà un mondo e lì modifichi. [SM=g20550]
    Ah, io sono Cristiana la penultima arrivata, tanto piacere!!!







    ----------------------------------------------
    L'importante è crederci fino in fondo (alla pagina, perlomeno)
  • OFFLINE
    (Ipanema)
    Post: 6.201
    Registrato il: 21/11/2005
    Utente Master
    00 21/10/2008 20:33
    mi sa tanto che anche da me riceverai presto un ordine...
    _________________________________
    Ginger Rogers eseguiva tutti i passi di Fred Astaire, ma all'indietro e sui tacchi a spillo.
    Remember, Ginger Rogers did everything Fred Astaire did, but she did it backwards and on high heels
    (Faith Whittlesey)
  • Menzinger
    00 21/10/2008 21:56
    Re: Dififcile dirsi scrittori
    QUOTE:63872109=esteriade, 10/07/2007 12.43] [SM=g27822] )Io sono uno scrittore. Ci ho messo quarantatré anni per pensare e
    pronunciare questa frase: io sono uno scrittore. Perché ho fatto
    tanta fatica a pensare e poi a dire ad alta voce una frase così
    semplice: io sono uno scrittore? Perché, ancora oggi, essa mi fa
    sorridere, come si sorride a dire apertamente una cosa alla quale, in fondo, non si crede?




    Non è facile dirsi scrittori. Quando possiamo davvero dirci tali? Dopo aver scritto un racconto, una poesia? Occorre un romanzo? E basta averlo scritto o dobbiamo averlo anche pubblicato? E siamo scrittori se siamo pubblicati da un piccolo editore, magari a pagamento? Siamo scrittori se abbiamo un solo lettore o neanche quello?
    Io credo che siamo scrittori nel momento in cui cessiamo di vergognarci di esserlo, nel momento in cui troviamo il coraggio di gridare al mondo: "io scrivo, e allora?"
    Sembra facile ma forse, a volte, è più facile per un gay dichiarare la propria omosessualità che per un autore dichiararsi tale.