00 03/03/2007 09:55
La discussione è interessantissima, come lo sono tutte del resto le discussioni promosse da Remo. Non ho letto ovviamente tutto tutto, non ho molto tempo da dedicare a queste letture in questi giorni.

Alcune cose però saltano agli occhi:

1. L'editing non è cosa solo dei nostri tempi, è qualcosa che è stata sempre fatta. Del resto, qualcosina salta fuori dalle Lezioni americane di Calvino, e anche dalle lezioni di Carver che vengono riportate alla fine del suo libro, si evince che l'editor interviene a semplificare o a rendere più sciolto un passaggio o un capitolo.

2. C'è editing ed editing. In genere è solo la ricerca e correzione di refusi e passaggi poco chiari, è un lavoro di concerto con l'autore, non è stravolgere lo stile ma appunto migliorarlo, renderlo più efficace. C'è un editing invasivo che - e stavolta non sono solo io a pensarlo, ma c'è qualcuno di più "autorevole" a dirlo prima di me - addirittura cambia capitoli, struttura dei romanzi, riscrive o fa riscrivere finali e quant'altro.
Il primo editing io - da aspirante scrittore - lo approvo incondizionatamente. Il secondo, tendo a condannarlo decisamente.


In ogni caso, demonizzato o santificato, la figura dell'editor per me ha un fascino che va oltre al piacere dello scrivere personale. Se riuscissi a diventare editor, sarò masochista, sarò strana, dite quello che volete, ma abbandonerei totalmente la mia scrittura per leggere, semplificare, focalizzare quella di altri.

Dite la vostra che io ho detto la mia.
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Ginger Rogers eseguiva tutti i passi di Fred Astaire, ma all'indietro e sui tacchi a spillo.
Remember, Ginger Rogers did everything Fred Astaire did, but she did it backwards and on high heels
(Faith Whittlesey)