00 02/03/2007 15:51
Sarò verboso: l'argomento è complesso, e appassionante. Ho molto apprezzato i due articoli, ricchi di spunti di riflessione. Per come la vedo io, l'esistenza degli editor è necessaria, quello che mi preoccupa è il ruolo che essi hanno assunto ( e che vanno sempre più imponendo). Credo che, in qualche modo, qualsiasi scrittore di qualsiasi epoca si sia circondato di editor, dove questi altri non erano che amici, conoscenti, partecipanti a caffè letterari, disposti a discutere, commentare, fornire input (tutto ciò è basato più sul mio immaginario più che su una reale conoscenza dei fatti): in quest'ottica ho avviato la collaborazione con Emiliano, e ho cominciato a partecipare attivamente a questo forum. Io, in quanto scrittore, so cosa voglio dire e come voglio dirlo, e detta papale papale il mio interesse sta nello scrivere, più che nell'esser letto. Nel senso che trovo la scrittura una necessità, l'esser letto un'opportunità: da qui, l'esigenza del confronto sta più che altro nel cercare di stabilire quanto di quello che scrivo sia comprensibile e apprezzabile, tenendo presente però che se anche qualcuno mi dice "questa tua poesia è una schifezza" o "è un capolavoro", quel che conta per me è già avvenuto, nel momento in cui l'ho scritta. Dunque se mi viene suggerita una modifica, ben venga, e ben vengano le critiche, ma il lavoro di "revisione" di ogni cosa che scrivo è in larga parte privo del piacere che traggo dalla prima stesura. Tutto ciò per arrivare a dire che l'editor a mio parere è accessorio allo scrivere, e necessario al vendere: il decadimento di gran parte di ciò che viene proposto a ogni livello (musica, scrittura, cinema in primis, ovvero l'arte che può esser venduta alle masse) è a mio parere figlio delle logiche di mercato, così come lo è la "necessità" dell'editor. Se in libreria abbiamo i libri di un Totti, le memorie di un Briatore, i quaderni politici di un Calderoli, si vede bene che l'editor diventa un'entità da cui non si può (e non si deve, pena la morte cerebrale permanente) prescindere. Dunque più che sull'esisteza degli editor, a questo punto un dato di fatto così come il loro ruolo sempre più importante, credo che il problema stia molto a monte, e se una soluzione esiste, al momento, la vedo solo nella creazione e nello sviluppo di nuovi sistemi editoriali e distributivi, slegati dal mercato (per quanto possibile) nella fase creativa. E' in quest'ottica che ho molto apprezzato Q di Wu-Ming (e ricordo che una cosa è la sartoria, un'altra la catena di montaggio), incontrato proprio mentre rimuginavo sulla possibilità (presumibilmente utopica) di fondare un luogo da cui la qualità emerga in modo automatico, e sia determinata esclusivamente dai lettori. Tutto ciò che sta in mezzo a lettori e autori io lo vedo come un ostacolo, e un pericolo multiforme, dove intravedo una sorta di censura aprioristica, autoimposta per "il bisogno di vendere". Ognuno poi intende scrittura e mercato come crede, molti ne sanno più di me e avranno idee diverse, questo non può cambiare il mio punto di vista dato che ci ho costruito (almeno in parte) ciò che sono. E ciò che sono implica il massimo rispetto per editor come Emiliano o Ipanema o gli altri che discorrono tra loro su questo e altri forum, i quali esprimono le loro idee (per quanto ancora possibile) senza che esse obbediscano a ricerche di mercato, interessi particolari, mode del momento, vacuità imperante.
Augh, ho detto.

[Modificato da ciumeo 02/03/2007 15.59]