00 31/12/2006 10:33
Re:

Scritto da: egaliga 30/12/2006 16.57

Io credo che il problema nel teatro sia leggermente diverso dal problema editoriale. o forse è solo che conosco un po' di più il problema del teatro.
Il teatro, semplicemente, è lontano dalla gente. Non la rappresenta perchè è vissuto frequentemente (non sempre, ma cmq spesso) come "cultura alta", impomatata. Lontano dalle sue radici, origini. Quando ammiro il teatro elisabettiano è non solo nei suoi aspetti "tecnici" (assenza di impianti scenografici, palco seminudo, drammaturgia condivisa, etc) ma anche nella sua grande partecipazione popolare (direi popolana).


Cinema e tv sono troppo differenti dal teatro nelle modalità espressive: infatti guidano lo sguardo dello spettatore mentre il teatro lo coinvolge con una esperienza percettiva totale, con un rapporto "diretto" e non mediato dell'esperienza.
Però per molti (dal 1950 in poi) cinema e TV hanno assunto la funzione del teatro nel raccontare la quotidianità. Perchè devo andare a teatro se posso averne la "visione" comodamente seduto a casa mia?
Credo che a questo assalto molti teatranti si siano rifugiati nella tradizione, altri nella sperimentazione, e per un verso o per l'altro si è perso il contatto con la gente, impregnando di intellualismo il teatro. Il teatro ha sempre parlato al popolo, il distacco dalla gente è estremamente pericoloso.
Ora il teatro (il mercato del teatro, intendo) vive di spesso di contributi statali (forse in misura del 40%), sopratutto alla lirica (e anche qui ci sarebbe da discutere...). Funzionano (a livello commerciale) poche cose: qualche musical, qualche classico - uno Shakespeare qui, Pirandello lì -, preferibilmente con un "volto televisivo" come protagonista, i comici. Ed, incredibile a dirsi, funzionano i cantastorie come Marco Paolini, Ascanio Celestini. Attori che hanno ripreso a parlare alla gente, in spettacoli dove, soli sul palco, non fanno altro che narrare, in maniera universalmente intellegibile, storie.


E hai ragione. Ma cosa vuole? Vuole pagare poco? Vuole capire quello che vede? Vuole essere coinvolta? Vuole vedere storie al tempo presente? Si vuole solo divertire? Entertainment, come dicono negli USA? O vuole pensare? Vuole il divo che ha visto al cinema?

Mi sono fatto anche io prendere la mano... [SM=g27821]



Sono d'accordo con te.

A quanto hai già detto tu, aggiungo una considerazione "cattivissima", e non lo faccio né per provocare, né perché mi diverta farlo, ma perché è quello che nel mio piccolissimo ho avuto modo di constatare (quindi non è una verità oggettiva, ma solo una mia impressione): il teatro ha perso i suoi connotati. E', in molti casi, un gran marasma di roba buona e pessima insieme, dove non sempre le risorse sono "giustamente" distribuite.
Ci sono in giro produzioni ricche che portano in scena spettacoli "inutili", finendo nei cartelloni dei teatri stabili e facendo stagione; ci sono poi produzioni piccole e spessissimo squattrinate, che non riescono a trovare piazze per far conoscere i loro spettacoli.

Non c'è più una vera gestione del teatro in senso culturale, e la gente è stufa di essere presa in giro.
Può essere che, come si tende a pensare, sia sempre meno la gente interessata alla cultura, ma è altrettanto vero che, chi lo è si ritrova spesso deluso.
Quando mi prendono i momenti "buoni", penso che la tenacia di chi crede in quel che fa alla fine pagherà, sempre e comunque; quando sono in versione più realistica e concreta, penso invece che a questa situazione non ci sia soluzione.
Ma io non ho mai pensato al teatro come un settore "lavorativo", quel (poco) che ho fatto, l'ho fatto sempre e unicamente perché mi piaceva farlo, senza tirarci fuori mai nulla in termini di guadagno, ma in termini di soddisfazione e piacere sì.

Il teatro deve tornare alla gente, sono pienamente d'accordo, e uno dei sistemi, secondo me, è quello di portare il teatro altrove, fuori dai teatri. Il teatro non è un luogo, e ha, nella mia concezione di teatro, la vocazione di nascere tra/da la gente.