REGOLE BASE DELLO SCRIVERE BENE

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(Ipanema)
00lunedì 12 gennaio 2009 10:16
di Umberto Eco
Carlo Menzigher lo ha pubblicato sul suo Facebook, io gliel'ho prontamente "fregato" e pubblicato qui...


Dalle note del facebook di Carlo Menzigher:

Leggo qui e www.anobii.com/anobi/forum_thread.php?tid=23290&pid=127&lid=#ne... e copio fedelmente

Ho trovato in Internet una serie di istruzioni su come scrivere bene, sono opera di Eco e sono particolarmente divertenti, oltre che utili. Per coloro che qui sono ancora all'ABC, ed anche per gli altri (me compreso).

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10.Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11.Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12.I paragoni sono come le frasi fatte.
13.Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14.Solo gli stronzi usano parole volgari.
15.Sii sempre più o meno specifico.
16.La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17.Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18.Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19.Metti, le virgole, al posto giusto.
20.Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21.Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso e! tacòn del buso.
22.Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23.C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24.Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25.Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26.Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27.Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28.Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29.Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30.Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31.All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32.Cura puntiliosamente l’ortograffia.
33.Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34.Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve.
35.Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36.Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37.Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38.Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario.
39.Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.

cattleja
00lunedì 12 gennaio 2009 10:31
Ma che simpatico! utile poi, anche se certi termini (captatio benevolentiae? eppure non mi sento proprio cretina) non li ho del tutto sulla punta delle dita. Sarà l'occasione per andarmeli a cercare.
crisaliderosa
00lunedì 12 gennaio 2009 10:37
Re:
cattleja, 12/01/2009 10.31:

Ma che simpatico! utile poi, anche se certi termini (captatio benevolentiae? eppure non mi sento proprio cretina) non li ho del tutto sulla punta delle dita. Sarà l'occasione per andarmeli a cercare.



Carino davvero! Io ho appena scoperto cos'è una litote. [SM=g7516]


MattSan
00lunedì 17 agosto 2009 14:41
Sarò stupido...ma l'ultima non l'ho capita..
Cioè vuol dire che una frase compiuta deve avere il punto alla fine?
Cioè, è ovvio, altirmenti che frase è XD
moitiermoitier
00martedì 3 novembre 2009 00:12
L'avevo trovato in giro anche io. Insegna con simpatia!
77Niko77
00martedì 3 maggio 2011 00:31
Re:
Troppo divertente!!! Lo trovo geniale perché spiega gli errori proprio commettendoli. All'asilo mi avevano fatto studiare una filastrocca del genere: "A me mi" non si dice, ma però è il modo più migliore per esprimersi con errore.
Il risultato è che, adesso, quando sento un palese errore grammaticale, rabbrividisco. Direi che questo metodo funziona :)
(Ipanema)
00martedì 3 maggio 2011 08:58

La litote è una figura retorica che consiste nel dare un giudizio o fare un'affermazione adoperando la negazione di una espressione di senso contrario. Può avere intento di attenuazione o enfasi, ma anche di eufemismo o ironia.
Un esempio di litote è dire "il ghepardo non è lento" per indicare qualcuno come stupido.

Un esempio di litote è la definizione che Alessandro Manzoni dà di Don Abbondio nei Promessi sposi:
« Il nostro Don Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno ... »
(Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi)



da wikipedia


Captatio benevolentiæ, dal verbo capto ("afferrare", "catturare", "cercare di prendere, di ottenere") e benevolentia ("benevolenza") in caso genitivo, è un'espressione latina che, tradotta letteralmente, significa accattivarsi la simpatia.
L'espressione è usata per indicare l'atteggiamento di chi con belle parole, raggiri, blandizie, cerca di guadagnarsi un atteggiamento benevolo o condiscendente da parte di determinate persone.
In retorica, con questa espressione si intende una tecnica che, generalmente nella parte iniziale di un componimento, serve a disporre favorevolmente l'attenzione di chi ascolta o legge.
Da un punto di vista giuridico con questa espressione si indica la capacità di influenzare il cittadino nel voto attraverso lo sfruttamento del proprio ruolo istituzionale all'interno della comunità nella quale il cittadino vive.
È inoltre uno degli stratagemmi della dialettica eristica di Arthur Schopenhauer.




La preterizione (dal verbo latino "praeterire", letteralmente "andare oltre", "tralasciare"), nota anche come paralessi, paralissi o paralipsi (dal verbo greco παραλείπω, avente il medesimo significato), è una figura retorica con la quale si finge di non voler dir nulla di ciò di cui si sta parlando, e quindi lo si dice a chiare lettere.
[modifica] Esempi

"Non ti dico cosa mi è successo..."
"Per non parlare di quel che ha detto..."
"Non ti dico la paura..."
"Cesare taccio" (da "Italia mia, benché'l parlar sia indarno" s:Canzoniere (Rerum vulgarium fragmenta)/Italia mia, benché 'l parlar sia indarno di Francesco Petrarca)
"Quando dico niente, o è niente, o è cosa che non posso dire" (Don Abbondio, ne I promessi sposi di Alessandro Manzoni)
"Non voglio dire che sei il peggiore ma..." , formula di negare per affermare

SaraFrison
00martedì 3 maggio 2011 12:49
Sinceramente è bellissimo! Non ho parole!

[SM=g20543]
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