BlackSmith presenta il suo romanzo (pisicotragicommedia) "Sanguesemente"

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(BlackSmith)
00giovedì 5 marzo 2009 10:14
BlackSmith

Sanguesemente



« Chi sradicasse la conoscenza del dolore estirperebbe anche la conoscenza del piacere e in fin dei conti annienterebbe l'uomo »
Michel De Montaigne




I. La nascita della tragicommedia



Era un pomeriggio come gli altri. Uno di quei
pomeriggi in cui il caldo a Palermo è fuoco.
Era proprio uno di quei giorni, con asfissianti
folate di forte vento di scirocco.
Rovente, ma niente a confronto dell’inferno
che per Lorenzo sarebbe stato a quarantun’anni !
Per adesso di anni n’aveva soltanto ventuno.
E quel primo pomeriggio, di una calma giornata d’agosto, dormiva inghiottito dal suo divano.
Casa, dolce casa. Anche se si trova alle pendici
di un vulcano !
Il sonno lo vince ed egli ora giace. E’ assopito,
e nel sonno il Cosciente… discese all’Ignorante.
- Ciao, non ti spaventare. Sono qui per aiutarti !
La patina dell’abitudine non aveva mai abbandonato Lorenzo. Lui dormiva su un fianco, in posizione supina, come sempre. Voltandosi a pancia in su, di scatto, a chi non avrebbe messo paura quella voce che sembrava provenire dall’oltretomba e pareva squassare le parole come schiocchi di frusta, sgranò gli occhi e si guardò in giro. Non trovando nulla che non gli fosse familiare, quella era la sua stanza e di fronte vedeva la sua scrivania con i libri accatastati alla rinfusa, com’era sua abitudine inoltre lasciare ogni cosa, pensò…
Quello che stava succedendo non poteva essere un sogno. In quell’istante una pesantezza di morte gravò nella stanza. Quella voce profonda che sembrava scaturire da un’assenza di tempi e di cose, da una lontananza cupa, senza possibilità di riferimenti, lo fece sobbalzare ed ebbe la sensazione che il divano ondeggiasse come se stesse navigando. Quell’impressione lo riprese ora violenta e non vedendo nessuno, sollevandosi con la parte superiore del corpo, rivolgendo il capo nella direzione da cui sembrava provenire quel suono, con tono tremolante, angosciato per la paura, tartagliò….
- Chi ha pa… pa… parlato. Chi ss... sei… un a… a… angelo, un de… de… demonio ?
Alla sua domanda rigonfia d’angoscia, lentamente gli si rivelò davanti un uomo dall’aspetto giovanile, molto elegante, e nel breve sorriso della bocca si palesava l’anima abituata a salire da sè, con le proprie forze.
Portava disinvoltamente un vestito color bianco burro di lino, con sottilissime e distanti righe verticali che si intonavano con la cravatta blu scura annodata ad una camicia bianca in cotone, slacciata soltanto sul primo bottone del colletto, per conferire al tutto meno rigidità, guadagnando in eccentricità ma non perdendo in raffinatezza.
Aveva un viso color argilla. Appariva slanciato, calvo, con un naso alla greca in mezzo a grandi occhi verde scuro ed era avvolto da una nube molto rarefatta che spandeva un pungente e stran’odore d’interiori d’agnello in sguazzet…. !
C’era in lui qualcosa di già conosciuto, un aspetto così familiare, a parte quel tanfo, che solo in parte lo tranquillizzò.
- Non proprio, vedi…. Tu adesso hai ventun’anni e stai attraversando un periodo di depressione, ma ti passerà, non ti devi preoccupare. Disse quella strana entità con un tono che lasciava trasparire un sincero struggimento
e un ansia accorata.
Continuando a tartagliare con meno evidenza, ma ancora immobile in una sospensione dura, rispose…
- E tu chi dia… diavolo sei, per di… dirlo !
Il suo aspetto era così magro che doveva derivare da pasti irregolari. Di uno che doveva essere sempre in giro come un commesso viaggiatore, ed era evidente, poi, nonostante la sua naturalezza, che sopportava quell’abito come una divisa.
Quel vestito lo soffriva, non soltanto perché faceva molto caldo e togliendosi la giacca, allentandosi poi la cravatta , creandosi lo spazio sulla scrivania, si sedette davanti a lui ciondolando le gambe, in modo da alleggerire la tensione con modi ed atteggiamenti che avrebbero dissipato la residua preoccupazione in quel momento dominante sul loro inconsueto dialogo.
Sembrava conoscere molto bene le tecniche di conversazione. Modulava il tono della voce con alti e bassi e possedeva anche una gran abilità nella comunicazione non verbale, quello che sì chiama linguaggio del corpo, e fu facile, quindi, rasserenarlo definitivamente e metterlo a proprio agio. Doveva svolgere uno di quei lavori fatti di rapporti umani sempre mutevoli, raramente costanti, spesso ipocritamente cordiali, dove gli aspetti della comunicazione erano fondamentali e questo modo di fare era divenuto ormai consuetudine, che lo utilizzava anche quando non era necessario.
La sua ormai era una deformazione professionale
che si manifestava in modo del tutto inconsapevole.
- Io, …ehm…. Sono te stesso da grande !
Poi tutto ad un tratto, Lorenzo, parve afferrarne la somiglianza e scuotendo la testa si disse…
- Che cretino, era alquanto evidente !
E dopo mille esitazioni, frasi monche e prime parole tartagliate, Lorenzo domandò…
- Da grande ? Ma come può essere ?
- Sì, diciamo che sono te stesso a quarantun’anni.
- A quarantun’anni ? Allora sei un fantasma !
Oh mio Dio ! Morirò così presto ?
In generale non era mai stato uno scaramantico.
Era sufficientemente istruito per essere superstizioso, ma ne era lo stesso condizionato; e in quel momento, a quella domanda, per allontanare il pensiero della morte, la sua comunicazione non verbale fece a meno di utilizzare tecniche complesse apprese in qualche corso aziendale, e con una toccata veloce e leggera in mezzo alle gambe, fece uso d’un gesto apotropaico per nulla subliminale e immediatamente comprensibile.
- Lascia stare, non ti fare adesso queste domande. Voglio solo che mi ascolti !
Sono venuto a confortarti in questo momento, che ora ti sembra il più difficile della tua vita e in un certo senso lo è. Ma vedrai caro Lorenzo, ce ne saranno altri.
- Altri momenti difficili ? Più difficili di questo ?
Oh santa pazienza ! E cosa dovrebbe succedermi.
Cosa dovrebbe accadermi di così terribile ?
Che m’investa un trattore ? Spargendo il mio sangue per concimare i campi dei pomodori pelati di Sicilia ?
Dovete sapere, che i pomodori pelati di Sicilia
sono così rossi, perché concimati con il sangue degli Innocenti, e Lorenzo ancora non sa che a quarantun’anni si reincarnerà in un rossissimo pomodoro pelato di Sicilia. Uno di quei pelati che si divertiva a spellare da piccolo. Quando a Palermo, in campagna, ad agosto, si facevano i pelati e la salsa.

continua....
(Ipanema)
00giovedì 5 marzo 2009 17:40
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