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arricia

Ultimo Aggiornamento: 14/04/2011 21:56
07/04/2011 20:01
zelaph111
[Non Registrato]
Salve a tutti,
ho scritto qualche giorno fa per pubblicizzare il racconto che sto pubblicando online
Ho quasi terminato di scrivere il Prologo e per invogliarvi alla lettura inserisco qua la prima parte che potete trovare all'indirizzo
(non so come renderlo attivo)

http://mysciencefictionbook.wordpress.com/page/2/

PROLOGO

La stanza n. 5 del 10° comparto era una delle più moderne e sicure del complesso di ricerche avanzate dell’Unione degli Stati Planetari. Separata dal mondo esterno da più di 10 Km di roccia granitica, era localizzata sotto il massiccio del monte Bianco ed era raggiungibile in poco più di 3 minuti attraverso una serie di ascensori di ultima generazione. L’accesso era riservato, solo ed esclusivamente, al gruppo di ricerca guidato dal prof. Rossi, costituito da cinque persone. I loro studi vertevano sulla possibilità di utilizzare la tecnologia nanometrica per creare dei complessi nanostrutturati, capaci di autogenerarsi. In particolare studiavano la possibilità di creare degli anticorpi artificiali che una volta iniettati nell’organismo ospite riuscissero ad individuare il focolaio infettivo e a distruggerlo. Gli anticorpi erano progettati per utilizzare la tecnica dell’autogenerazione che si basa sulla possibilità di utilizzare parte dei tessuti dell’organismo ospite e dei batteri o virus uccisi per l’autoreplicazione strada necessaria da percorrere per debellare la malattia in modo definitivo. Si parla di dimensioni talmente piccole che, l’unico modo per interagire con singoli atomi viene offerto dalle leggi della meccanica quantistica. Occorre tener presente che quando si manipola un atomo alla volta è necessario tener conto delle energie che permettono agli atomi di legarsi gli uni agli altri tramite la condivisione di elettroni, come ci è insegnato dalla chimica.

Le ricerche erano focalizzate, sulla possibilità di creare un laser di dimensioni nanometriche abbinato ad un sistema computerizzato in scala, per l’utilizzo del laser in loco. Il dott. Silvestri era uno specialista di programmazione che stava lavorando per individuare un algoritmo di dimensioni ragionevoli, da poter inserire nella memoria olografica del microcomputer. Questo era già disponibile da molti anni nel loro laboratorio grazie al lavoro del dott. Vigna, formidabile ingegnere elettronico. Il dott. Vigna, alcuni anni prima, durante le sue ricerche sul potenziamento delle memorie fisse dei computer, aveva individuato un composto organico che permetteva di intrappolare la luce. Questo materiale che egli chiamò policarbonato fotonico aveva la proprietà di imprigionare fotoni in una regione controllata. Dopo alcuni mesi d’implementazione del sistema di memoria, riuscì a creare un sostegno in policarbonato fotonico che poteva essere utilizzato come memoria fisica di un apparato elettronico. La particolarità di tale hard disk consisteva nel poter essere miniaturizzato a piacere senza apparenti limiti spaziali. La miniaturizzazione, però, comportava la riduzione del numero di bit memorizzabili sul sostegno. Era quindi necessario individuare un modo che permettesse di aumentare la memoria disponibile, pur trovandosi ad operare in congegni di ridotte dimensioni fisiche.

continua….

Spero sia di vostro interesse

08/04/2011 12:18
Post: 813
Registrato il: 23/09/2008
Utente Senior
OFFLINE
Re:
zelaph111, 07/04/2011 20.01:

Salve a tutti,
ho scritto qualche giorno fa per pubblicizzare il racconto che sto pubblicando online
Ho quasi terminato di scrivere il Prologo e per invogliarvi alla lettura inserisco qua la prima parte che potete trovare all'indirizzo
(non so come renderlo attivo)

mysciencefictionbook.wordpress.com/page/2/

PROLOGO

La stanza n. 5 del 10° comparto era una delle più moderne e sicure del complesso di ricerche avanzate dell’Unione degli Stati Planetari. Separata dal mondo esterno da più di 10 Km di roccia granitica, era localizzata sotto il massiccio del monte Bianco ed era raggiungibile in poco più di 3 minuti attraverso una serie di ascensori di ultima generazione. L’accesso era riservato, solo ed esclusivamente, al gruppo di ricerca guidato dal prof. Rossi, costituito da cinque persone. I loro studi vertevano sulla possibilità di utilizzare la tecnologia nanometrica per creare dei complessi nanostrutturati, capaci di autogenerarsi. In particolare studiavano la possibilità di creare degli anticorpi artificiali che una volta iniettati nell’organismo ospite riuscissero ad individuare il focolaio infettivo e a distruggerlo. Gli anticorpi erano progettati per utilizzare la tecnica dell’autogenerazione che si basa sulla possibilità di utilizzare parte dei tessuti dell’organismo ospite e dei batteri o virus uccisi per l’autoreplicazione strada necessaria da percorrere per debellare la malattia in modo definitivo. Si parla di dimensioni talmente piccole che, l’unico modo per interagire con singoli atomi viene offerto dalle leggi della meccanica quantistica. Occorre tener presente che quando si manipola un atomo alla volta è necessario tener conto delle energie che permettono agli atomi di legarsi gli uni agli altri tramite la condivisione di elettroni, come ci è insegnato dalla chimica.

Le ricerche erano focalizzate, sulla possibilità di creare un laser di dimensioni nanometriche abbinato ad un sistema computerizzato in scala, per l’utilizzo del laser in loco. Il dott. Silvestri era uno specialista di programmazione che stava lavorando per individuare un algoritmo di dimensioni ragionevoli, da poter inserire nella memoria olografica del microcomputer. Questo era già disponibile da molti anni nel loro laboratorio grazie al lavoro del dott. Vigna, formidabile ingegnere elettronico. Il dott. Vigna, alcuni anni prima, durante le sue ricerche sul potenziamento delle memorie fisse dei computer, aveva individuato un composto organico che permetteva di intrappolare la luce. Questo materiale che egli chiamò policarbonato fotonico aveva la proprietà di imprigionare fotoni in una regione controllata. Dopo alcuni mesi d’implementazione del sistema di memoria, riuscì a creare un sostegno in policarbonato fotonico che poteva essere utilizzato come memoria fisica di un apparato elettronico. La particolarità di tale hard disk consisteva nel poter essere miniaturizzato a piacere senza apparenti limiti spaziali. La miniaturizzazione, però, comportava la riduzione del numero di bit memorizzabili sul sostegno. Era quindi necessario individuare un modo che permettesse di aumentare la memoria disponibile, pur trovandosi ad operare in congegni di ridotte dimensioni fisiche.

continua….

Spero sia di vostro interesse



Interessante! e poi sai che il dott. Silvestri era veramente un esperto di programmazione ed era il mio compagno. Che coincidenza!






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L'importante è crederci fino in fondo (alla pagina, perlomeno)
08/04/2011 18:51
zelaph111
[Non Registrato]
Grazie per il commento.
spero ti piaccia anche il seguito.
Se è come dici, devo aggiungere la dicitura che ogni riferimento a cose o persone realmente esistenti...ecc.
Ho beccato già una persona reale (lo posso capire con il nome, a anche il lavoro:)

Visita il mio blog, i commenti saranno molto graditi.
14/04/2011 21:56
zelaph111
[Non Registrato]
ecco qui la seconda parte del prologo
nel blog trovere gia pubblicato l'intero prologo e parte del primo capitolo

http://mysciencefictionbook.wordpress.com/2011/03/




PROLOGO (2/7)




Fu allora che l’ing. Vigna si rivolse al prof. Rovetta, esperto in nanotecnologie, ed insieme elaborarono un apparato meccanico che permettesse di sfruttare come memoria, oltre all’hard disk, anche tutte le altre componenti che costituiscono il computer. Ogni singolo elemento del super computer così sviluppato poteva essere utilizzato come memoria di dati, a patto che tali componenti fossero costruiti di policarbonato fotonico.
In linea di principio, sfruttando tale accortezza, era possibile utilizzare come memoria fisica qualunque oggetto costituito da policarbonato fotonico. Da queste ricerche sono nate le attuali innovazioni tecnologiche che hanno portato, ad esempio, alla creazione degli syborg-occhiali, che permettono di fare tutte quelle operazioni un tempo realizzabili solo con i vecchi pc. Anche la carta di credito è costituita da policarbonato fotonico, permettendoci di essere aggiornarci sul lavoro, sulle notizie, sui trasferimenti bancari e sulla salute.
Fu a causa di queste scoperte che qualche anno dopo l’Agenzia per la Sanità Pubblica (ASP) creò una equipe, costituita dal prof. Rovetta, dall’ing. Vigna, dal dott. Silvestri e dall’ing. Caputo, un giovane ingegnere bio-chimico che lavorava nel campo dell’intelligenza artificiale, per iniziare degli studi in campo medico.
Il gruppo riuscì a creare un organismo sintetico che autonomamente individuava e distruggeva infezioni di tipo batterico e virale. Il grande sforzo di trovare un anticorpo per tutte le malattie allora conosciute era stato finalmente compiuto. La nanotecnologia unita a programmi di evoluzione genetica aveva portato alla nascita del Teraform, un organismo sintetico delle dimensioni di un batterio, autonosufficente ed auto replicante, dotato di intelligenza artificiale e capace di imparare dall’interazione con l’ambiente in cui era inserito.
Il gruppo guidato da Rovetta cominciò i primi esperimenti su cavie animali ottenendo buoni risultati. Ci si accorse però che il Teraform, dopo aver debellato l’infezione, continuava a replicarsi fino all’esaurimento degli elementi presenti nell’organismo ospite, portandolo alla morte. Era necessario trovare una soluzione a questo inconveniente che minacciava il buon esito della ricerca.
Si decise così di sfruttare le particolarità fisiche del policarbonato fotonico.
L’idea fu quella di impedire al Teraform, durante l’autoreplicazione, di trasferire le informazioni dall’individuo padre a quello figlio. La memoria centrale doveva essere localizzata in una singola unità di Teraform, mentre le altre unità prodotte durante l’attacco all’infezione, dovevano essere configurabili ad eseguire esclusivamente il programma di distruzione delle cellule infette e dei batteri ed infine auto-distruggersi. Una volta eliminata l’infezione il Teraform memoria, acquisiti i dati dell’organismo sanato, abbandonava l’organismo ospite per collegarsi e trasferire i dati nel computer centrale del laboratorio e successivamente auto-distruggersi. Giovanni ed Andrea dopo mesi di estenuante lavoro riuscirono ad effettuare queste modifiche e ricominciarono la sperimentazione.

“Giovanni, porta Billy5 nella camera iperbarica per l’iniezione del Teraform” disse Andrea, mentre si apprestava ad indossare la tuta anticontaminazione.
Giovanni preso il topo dalla gabbia lo sterilizzò dalle contaminazioni esterne, procedimento necessario per mantenere alto il livello di purezza dell’aria nella camera iperbarica, lo pose nel tubo che lo fece cadere in una piccola scatola di vetro posizionata al centro del tavolo.
Andrea si sedette davanti alla console di controllo dei bracci meccanici che cominciarono a ruotare intorno al topo, bloccandolo per la testa, ed iniettando con una siringa il siero contenente una soluzione di Teraform e sonnifero.
“Ecco fatto, ora non ci resta che aspettare venti minuti e potremo leggere i dati sul monitor” disse con aria soddisfatta Andrea.
“Dobbiamo riuscire a terminare queste prove entro oggi se vogliamo essere pronti ad esporre i risultati al convegno di lunedì prossimo. Sergio non crede che riusciremo a terminare in tempo. Ho dato un’occhiata alla relazione che ha preparato e non ho visto nulla che faccia riferimento agli esperimenti condotti nell’ultimo mese. Sarà per lui una grossa sorpresa se gli presenteremo una relazione completa di queste prove, che dimostrano l’esattezza della sua ipotesi.”
“Certamente – rispose Giovanni, annuendo con la testa – In questi ultimi tempi non riesce nemmeno a dormire e lo trovo spesso scontroso, nonostante il suo carattere calmo e pacato. Il vigilante mi ha riferito che la notte resta in laboratorio fino alle quattro del mattino e poi ritorna alle otto. Con tutti i problemi che ha a casa non so come stia riuscendo a non impazzire. L’ho sempre ammirato per questo fin dalla prima volta che mi contattò per invitarmi a far parte di questo gruppo.

Continua.....
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