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Autore

Il Mercante di Pietre

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2008 00:17
19/10/2006 09:08
Post: 1.223
Registrato il: 22/11/2005
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Fonte: Repubblica.it
POLITICA
pomeridiana organizzata da La Russa e Gasparri, ma il leader lascia la sala
"Quanti stereotipi sugli arabi, si rischia davvero di alimentare le peggiori fobie"
E Fini stronca 'Il mercante di pietre'
"Film anti Islam, propaganda becera"
La pellicola abbraccia la tesi della passività occidentale verso la minaccia islamica

di FRANCESCO BEI


Gianfranco Fini
L'ULTIMO "strappo" di Gianfranco Fini dal suo partito si consuma in un piccolo cinema del centro di Roma, il Rivoli, dove Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri hanno organizzato una pomeridiana per far vedere al caro leader "Il mercante di pietre", film controverso di Renzo Martinelli sul terrorismo islamico. La pellicola, nonostante un cast di attoroni come Harvey Keitel e Murray Abraham, è presto sparita da quasi tutte le sale.

E gli organizzatori della proiezione sospettano che "la distribuzione magari ha avuto paura di farlo vedere troppo in giro". Insomma, vorrebbero se ne parlasse di più e sono orgogliosi di aver trovato finalmente un regista italiano, l'autore di un kolossal come "Vajont" e di "Piazza delle Cinque lune", ispirato al caso Moro - uno che in un'intervista ha persino dichiarato di girare "armato" - che abbia sposato la tesi fallaciana sulla passività dell'Occidente di fronte all'avanzata islamica.

Per gli uomini di An Martinelli è un Robert Redeker nostrano, un Teo Van Gogh, un Salman Rushdie. "È un film bellissimo che racconta problemi presenti già da noi. In fondo il protagonista dice le cose che scrive Magdi Allam", annota Roberto Menia. "È un film molto bello, la sua scarsa diffusione è un segnale preoccupante", denuncia Carmelo Briguglio. "Un film che certo divide - ammette Daniela Santanché - ma che racconta la realtà, quella realtà che forse non tutti vogliono vedere".

Quando si riaccendono le luci insomma, sono tutti entusiasti. Tutti tranne uno, Fini. Ci dovrebbe essere un dibattito con il leader, ma l'ex ministro degli Esteri lascia i presenti di stucco e guadagna l'uscita. "Dibattito? E che siamo al cineforum?". La Russa già immagina il peggio e prova a disinnescarlo: "Certamente - mormora a Fini sottobraccio - è un po' forte, un po' troppo di propaganda, ma il messaggio c'è... "Il leader non concede nulla: "È un film di propaganda becera".

Arrivato alla Camera, nel cortile di Montecitorio, Fini si accende una sigaretta e finalmente fornisce la sua recensione: "E' un film che sconsiglio vivamente a tutti. Parte bene, prosegue male e finisce peggio". Il problema, anzitutto, è politico. "Film come questo - osserva - infarciti di stereotipi sugli arabi, rischiano senz'altro di alimentare l'islamofobia qui da noi. Davvero non se ne sente il bisogno. Ci lamentiamo tanto della rozzezza di certi film americani e poi anche noi tiriamo fuori queste cose... ". Insomma, taglia corto, "per me quel film è spazzatura... peccato, perché l'altro film che ho visto di questo regista, "Porzus", non era niente male".

Per chi non l'avesse visto, Fini racconta anche la trama: la doppia vita di un cristiano convertito all'Islam (Keitel) che, dietro un insospettabile commercio di pietre preziose con il Medio Oriente, nasconde la sua appartenenza a una cellula di Al Qaeda. Il suo compito è quello di agganciare una donna, sedurla, per poi trasformarla in un'involontaria bomba umana. Alla fine però il mercante si innamorerà della sua vittima, con l'inevitabile tragico epilogo per entrambi.

La stroncatura del leader getta nello sconforto i colonnelli di An, che una volta tanto erano riusciti a unirsi, al di là delle correnti, in una lode univoca della pellicola. Gasparri minimizza e prova a buttarla sul gusto: "A Fini non è piaciuto? Su un'opera d'arte ci possono essere senz'altro giudizi differenti. A me ad esempio piace Boccioni e detesto Andy Warhol, che problema c'è?. Intanto però questo film è un sasso lanciato contro il vetro, anche se alcuni giudizi sull'islam sono molto tranchant". Come quello che il regista mette in bocca uno dei suoi personaggi: "Non tutti i musulmani sono terroristi, ma è un fatto che gran parte dei terroristi siano musulmani". Frasi politicamente scorrette, immagini truculente e un regia che i critici hanno stroncato pesantemente.

Persino il Foglio ha scritto che "Il mercante di pietre" "ha varie scene che non si riescono a guardare stando seri". Per questo il Fini-critico cinematografico conclude il suo sfogo con un sana confessione da spettatore: "L'altra sera mi sono rivisto dopo 25 anni "Corvo rosso non avrai il mio scalpo". Quello sì che era un capolavoro".



Il film non l'ho visto. Quindi non so più di quello che ho sentito dire.
Però mi sembra interessante che un esponente politico come Fini (che non gode la mia simpatia "ideologica")si ponga il problema di come un film possa riversarsi sul sentire collettivo.
E' un argomento che normalmente dai politici non viene affrontato (non ho letto notizie simili neppure relativamente a Farheneit 9/11)né intorno al cinema né intorno ad altre espressioni artistico-culturali.
Chissà che finalmente non si stia arrivando al concetto di arte (o semplicemente forme di espressione creative... mica tutto è arte solo perché creativo ;) )come un qualcosa a cui sia riconosciuto un valore sociale e non solo come un prodotto commerciale incartato in carta lucida.
Al di là dell'essere d'accordo o meno con le posizioni ideologiche mi sembra un episodio da tenere in considerazione.


link al sito del film.
E' interessante quel che dice il regista stesso del "messaggio" contenuto nel film.(vedi in NOTE sul sito)
19/10/2006 09:53
Post: 77
Registrato il: 28/09/2006
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Mah...
secondo me Fini, alla luce di quanto è accaduto con la famosa affermazione del Papa, ha solo avuto un po' di paura. Non so quanto sia profondo il suo senso di political correct. Può anche darsi che sia così, ma a me dà l'impressione che sia solo...strizza
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19/10/2006 10:12
Post: 1.224
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Penso che le azioni a volte possano avere un certo valore a prescindere dal principio che le ha mosse.
(Se anche fosse stata solo strizza, almeno ha avuto l'onestà di assumersi una responsabilità politico-etica... fatti suoi perché l'ha fatto :D )
Se a fare la stessa cosa fosse stato Bertinotti, sarebbe stato troppo scontato e nessuno ci avrebbe fatto caso, anzi, lo avrebbero apostrofato di demagogia, probabilmente.

Comunque, quello che per qualche strano motivo mi frulla nella testa da un po' di tempo a questa parte, è che se c'è un sistema per ridare un posto più onorevole alla creatività e alla cultura e toglierla dagli scaffali del commercio "iniquo e soldale" (e questo riguarda anche i libri), questo forsepassa per l'etica e la responsabilità.

Va benissimo che un regista come Martinelli prospetti il SUO modo di vedere il mondo attraverso una pellicola, ma va ancor più benissimo che lo si metta in discussione e se ne rilevi l'eventuale limitatezza, o quanto meno che ci si ponga il problema.

19/10/2006 10:44
Post: 78
Registrato il: 28/09/2006
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Ma scusa, l'arte non dovrebbe essere al di sopra di certe implicazioni morali?
Se io in un racconto voglio rappresentare, ad esempio, il cinese cattivo e il nero buono, sono mie scelte personali. Non so cosa intendi tu per scelta etica, forse qualcosa di più complesso. E comunque ho l'impressione che se a essere stigmatizzata fosse stata un'altra cultura invece che quella islamica, non ci sarebbe stato lo stesso timore reverenziale da parte di un politico. Forse tu, per dimostrare il prurito etico, avresti dovuto sceglie un altro esempio.
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19/10/2006 11:58
Post: 1.225
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Mai parlato di implicazioni "morali", Catt.

Nè ho detto che l'arte debba farsi paranoie morali.
L'etica è qualcosa di diverso dalla morale.

Stigmatizzare una cultura non è arte. Se l'arte vuol fare cultura, non può certo perdersi dentro il massimo esempio di ignoranza e impoverimento. (OPINIONE PERSONALE)

Stigmatizzare un'altra cultura non sarebbe stato à la pagedi questi tempi. E questo ha a che fare con l'onestà e il senso etico di un artista, quando non vuol essere commerciale.

Ne La stella che non c'è si parla della Cina, vista da un occhio molto occidentale. E' un film che non mi ha entusiasmata, ma lì non c'è nessuna stigmatizzazione (si dice?), nessun moralismo e nessuna demagogia. Non è un'opera d'arte, credo, ma è un film "onesto". Ovvio che non risvegli nessun "timore reverenziale" da parte di nessuno.


19/10/2006 12:09
Post: 82
Registrato il: 28/09/2006
Utente Junior
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Una volta etico e morale erano quasi, dico quasi, sinonimi.
Adesso per etico si intende conforme a un certo modo di pensare che non offenda nessuno e chissà perchè, gli italiani sono sempre stati molto sensibili a quest'ottica del non offendere nessuno. Siamo sicuri che all'estero ci mettano la scala di seta quando si parla dell'Italia? io ho i miei dubbi...
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24/01/2008 00:17
il mercante di pietre è una boiata pazzesca
storia prevedibile
dopo 10 minuti si capisce che la donna andrà a letto con Keitel ma non si capisce il perché, forse l'aveva deciso lo sceneggiatore.

Keitel in questo film ha il magnetismo di un cespo di insalata

Quello che una volta era, per me, una volta un mito, (il cattivo tenente, Le Jene e Pulp Fiction e altri ancora), durante tutto il film è distratto, assente, si vede che ha girato il film solo per ragioni alimentari...
il resto del cast non merita di essere citato ...

La teoria di base (quella fallaciana) non è condivisibile, ma questo non c'entra con il giudizio negativo del film.
E' una autentica boiata e basta: ritmo lento e soporoso, personaggi inattendibili.

E basta così. Ho sprecato troppi caratteri.
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