di Valentina MIsgur
Sembra una storia piana, semplice. Due ragazzi sbarcano su un’isola, incontrano un vecchio e vivono lì per un po’. Le pagine procedono avvitandosi intorno a queste poche parole, ma senza che voi ve ne accorgiate subito, cominciano a portarvi al largo. Il ragazzo, si scopre poco a poco, ha una storia dietro le spalle, o forse due; la ragazza ne ha un’altra, o forse due, o tre. E queste storie emergono lente, come lento e naturale (e invidiabile) è il ritmo delle loro nuove giornate. Lente come certe parole che devi strappare a forza da un ragazzo, o da una ragazza, ma quando escono tracciano racconti profondi, agitati, a volte bui, a volte luminosi, a volte cangianti.
Come buio, agitato, luminoso è il quarto protagonista: il mare. E poi gli odori, i profumi, la luce accecante, il buio protettivo, quel buio che ti fa parlare e raccontare.
Un racconto che procede a balzi, a frasi talvolta smozzicate, non finite, subito pronte a cambiare rotta. Si fatica un po’, all’inizio, a seguire i pensieri e le parole, a entrare nel ritmo delle pagine, ma poi, mano a mano che li si conosce, si scopre che il ritmo delle parole è in fondo il ritmo un po’ scontroso di due adolescenti chiusi a riccio, sembra, ma sempre più teneri e aperti. E preoccupati, e fantasiosi, e testardi, in fondo, e decisi e pronti ad accettare che vivere significa conquistarsi spazi e tempi e imparare a nuotare anche quando si ha paura.