di Remo Bassini
Da dire subito (per togliersi il pensiero) che, alle volte, la scrittura appare frettolosa. Non trascurata, ma solo di fretta, come se avesse deciso di arrivare subito al passo successivo e non avesse tempo da perdere. Così, un po’ si è costretti a correre anche noi verso la fine, un po’ si ha la sensazione che nelle pagine si affastellino persone, immagini, conversazioni, viaggi, corse, che costringono a non pensare troppo a quello che sta capitando ma solo a quello che capiterà. Che costringeranno a rileggere, con più calma.
Non so se questo è un difetto. Io qualche virgola in più, a rallentare, a segnare certi saliscendi della voce e del pensiero, l’avrei messa. Qualche punto fermo in più, soprattutto in certi dialoghi telefonici, l’avrei messo, a segnare esitazioni, incertezze, sofferenze, strappi tra ciò che si fa e ciò che si vorrebbe fare.
Rimane il fatto che, una volta che si prende in mano il romanzo, non lo si mette giù fino all’ultima pagina. Ancora una e poi basta. Voglio soltanto vedere se è andato via per sempre o torna. Voglio soltanto vedere che tipo di uomo è. Voglio soltanto vedere se la ama o no. Voglio soltanto capire perché c’è scritta quella cosa sull’agendina. Di voglio in voglio, di pagina in pagina, il libro si finisce in una sera. Per forza.
Costruito bene, gran meccanismo narrativo, direbbero forse i critici, dove i tasselli della narrazione sono disseminati con cura, in attesa di essere raccolti, ricordati e sistemati al loro posto. Magari tanti, a volte ci si confonde, e si deve decidere quale tassello raccogliere o ricordare e quale lasciare in un canto, da ripescare soltanto in caso di necessità. C’è un punto del libro dove si accumulano talmente tante storie, talmente tanti passati, talmente tante possibili svolte future, da chiedersi se non ci fosse materia per due o tre romanzi. Eppure c’è un punto del libro in cui, leggendo con gli occhi e scorrendo con le dita le pagine che ancora mancano alla fine, ci si chiede come saranno riempite, visto che i giochi sembrano fatti, le possibilità di sviluppo decise e concluse. E invece.
C’è una pagina in cui, senza volerlo, ci si accorge che è già successo qualcosa, da qualche parte, che prima o poi dovrà essere svelato. È la pagina in cui ho detto: se adesso non si sistema tutto, se adesso non finisce tutto bene, non gliela perdono (a Remo Bassini). È la pagina che apre a una storia nuova, chiara, quasi ovvia, così che, avendo trattenuto il respiro fino ad allora, ci si può cominciare a rilassare. Non fosse che l’autore, dopo poco, riprende in mano le fila dei personaggi e li piega bruscamente e improvvisamente da un’altra parte e ti costringe a tenere il fiato e a correre di nuovo dietro gli avvenimenti. Gran libro, insomma. Dei personaggi, parlo un'altra volta.