I racconti del ripostiglio di Claudio Martini

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newat49
00venerdì 30 maggio 2008 17:48
Claudio mi ha chiesto di presentargli il suo nuovo romanzo a Milano e me ne ha inviato una copia. L'ho letto con piacere e ho buttato giù una traccia della presentazione. Quanto segue ne è un estratto.
Lascio a Claudio il compito di comunicare quando e dove il libro verrà presentato.

I racconti del ripostiglio

Claudio Martini, classe 1954, psicologo. Nato a Taranto, vive a Torino dal 56.
Questo o poco più racconta il risvolto di copertina del suo nuovo romanzo: I racconti del ripostiglio. E già subito arrivano i primi dubbi. Ma come? Un romanzo che si intitola I racconti. A che gioco giochiamo? E infatti è proprio un gioco quello che ci fa fare Claudio: Giovanni, un opaco quarantenne impiegato all’ufficio anagrafe, vive a Torino da solo in un appartamento di cui si dice poco, tranne che c’è un ripostiglio. In questo ripostiglio scova casualmente un pacco dei fogli ingialliti scritti a macchina. Sono dei racconti. Comincia a leggerli, all’inizio distrattamente, poi con sempre maggiore interesse, con l’impressione che quei racconti in qualche modo contengano un messaggio diretto proprio a lui. E’ palese che non sono stati scritti da una sola mano, i personaggi sono sempre diversi, i racconti hanno stili differenti, alcuni rimandano al passato, al mito dell’immortalità di Dafne, altri in un futuro dove il panorama naturale è rimpiazzato da dettagli ingigantiti del corpo umano. Certi sono ambientati in Italia, altri in luoghi esotici, in viaggio verso il Polo Sud, oppure a Capo Nord, il Portogallo, il Messico. Eppure Giovanni ha l’impressione che abbiano sempre a che fare con lui, con le sue paure, i suoi sogni, i suoi desideri (l’essere abbandonati, la voglia di partire e lasciare tutto) certo più di quanto non lo abbiano la sua opaca quotidianità e quella del mondo che compare a tratti dalle trasmissioni televisive, dove i politici sembrano dei comici imitatori e nell’indifferenza generale scoppia la terza guerra mondiale. Poi, insieme ai racconti, riceve dei messaggi, delle istruzioni che lo portano a incontrare prima il precedente inquilino dell’appartamento, il Signor Bracci, poi una misteriosa Madame Livigni. I due lo introducono al Gioco…
Non andiamo oltre per non togliere il gusto della lettura. Un romanzo, comunque, un romanzo a tutti gli effetti, anche se all’inizio può dare un senso di smarrimento come se ci perdessimo tra tutte quelle storie che si incrociano. Poi, gradatamente, cominciamo a capire e veniamo sedotti dalla narrazione di Claudio Martini, che ci avvolge.
Sarebbe molto riduttivo definire questo come un romanzo di viaggio, di molti viaggi. E’ però vero che questa componente ricorre spesso e che addirittura ne costituisce lo scheletro, la giustificazione di partenza, forse. Un viaggio anche letterario, infatti viaggia tra autori diversi che cita e che ‘imita, quasi un gioco alla Borges: dal fantastico di Cortazar al noir di Lovecraft, dalla fantascienza di Ballard alla scrittura hippy di Kerouac, fino al Giappone di Mishima e al Portogallo di Saramago. L’autore ne esce sempre bene, è capace di divincolarsi egregiamente tra gli stili diversi, mantenendo l’opera comunque unita, solida,.
Giovanni lavora all’anagrafe, e non credo che Claudio Martini abbia scelto per caso questa professione per il suo personaggio principale. L’anagrafe è il luogo dove l’identità è legittimata, il tempio dove viene quotidianamente celebrata nei suoi riti di carte bollate.
“Io esisto perché sono iscritto nel registro delle persone che esistono.”
Che cos’è l’identità di una persona? Che cosa la caratterizza? A cosa possiamo rinunciare del nostro io senza che l’identità non ne venga lacerata, divisa?
L’identità presuppone la memoria. L’identità è memoria di quello che abbiamo fatto. E questo è un romanzo che insiste sul ruolo chiave della memoria di sé. Uno dei personaggi soffre di amnesia selettiva. Rimuove la memoria della persona che l’ha abbandonato.
Questo è comunque un romanzo, non un saggio dello psicologo Claudio Martini, ma un bel romanzo del suo alter ego scrittore, che alla fine della sua fatica ci invita a rileggerlo dall’inizio, in un gioco circolare tra lui e noi, dato che l’ultimo petalo della margherita ritorna a essere il primo, e noi continuiamo il gioco infinito del m’ama/non m’ama, fino alla fine della nostra vita.

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