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Autore

AMNERIS DI CESARE

Ultimo Aggiornamento: 06/05/2013 07:37
22/09/2012 19:40
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INTERVISTE


blog.libero.it/deminovel/11562481.html

Un'intervista per questo sabato, una nuova autrice.
Amneris Di Cesare ha tanto da raccontare fra le pagine del suo romanzo, Nient'altro che amare, che si sta rivelando già un piccolo successo editoriale.

Amneris Di Cesare, i tuoi numeri!
I miei numeri preferiti sono il 7 e il 9. Ma amo molto anche l'8. E tutti i loro multipli, ovviamente. Per la serie: non ho un vero e proprio numero fortunato.

Adesso presentiamoci!
Sono di Bologna, italiana ma nata in Brasile. Mamma a tempo pieno e collaboratrice free-lance per riviste femminili. Ho iniziato a interessarmi alla scrittura attraverso le web communities di MSN e successivamente frequentando forum di scrittura creativa e tenendo un suo blog personale Scarabocchi, (http://aquanive.wordpress.com/) dove pubblicavo i miei primi racconti. Ho partecipato a svariati concorsi letterari ottenendo discreti piazzamenti. Ho pubblicato il saggio "Mamma non mamma: la sfida di essere madri nel mondo di Harry Potter" sulla saga di Harry Potter nell’antologia benefica Potterologia: dieci as-saggi dell’universo di J.K. Rowling edito da CameloZampa Editore uscito il 3 ottobre 2011; un mio racconto, invece, intitolato "Zanna" è presente nell’antologia di racconti animalisti "Code di Stampa" edito da La Gru Edizioni, uscito il 15 novembre 2011; in Giugno 2012 infine è uscito il mio romanzo d’esordio, Nient'altro che amare, per i tipi della CentoAutori Edizioni.

Amneris Di Cesare, autrice di Nient'altro che amare, uscito per EdizioniCentoAutori. Parliamo del romanzo, della sua genesi.
Il romanzo Nient'altro che amare è nato tre anni fa, e da un racconto che non mi riusciva di scrivere bene, come volevo io. Dovevo scrivere un racconto di 20.000 battute per una rivista periodica femminile e subito, lasciandomi trasportare dalla scrittura mi è uscito un racconto di 60.000 battute. A quel punto dovevo scegliere: ridurlo, tagliarlo o ampliarlo. Farne qualcosa di diverso. Ovviamente ho scelto la seconda opzione e per la rivista ho scritto un altro racconto.
La protagonista è Maria, da tutti in paese chiamata "a' zannuta" perché ha i denti davanti prominenti che le conferiscono l'aria un po' assonnata e pacifica di una coniglia. E le somiglianze con questo animale non si fermano a questo. Maria è una donna emarginata dalla sua stessa gente ma che sarà umiliata, maltrattata, violentata ma anche molto amata. Avrà infatti molti figli da tanti uomini, tutti diversi.

Il tuo rapporto con la scrittura e i tuoi personaggi.
Scrivere - insieme al leggere, perché non riesco a prescindere dalle due cose - è la mia ossessione. Il mio vizio. Il mio piccolo spazio privato e intimo che mi sono riservata nella vita. La famiglia mi assorbe, mi risucchia quasi completamente. Quel "quasi" sta appunto per "scrittura".
Con i miei personaggi ho un rapporto molto vivo e viscerale: io li vedo, li sento, anzi a volte con me sono proprio prepotenti. Non mi permettono di cambiare la loro storia. Vogliono che io la racconti esattamente come loro mi dicono di raccontarla. E quando hanno finito di raccontare, non c'è verso di cavar fuori da loro qualcosa in più...

C'è un personaggio o una situazione nel tuo romanzo cui sei particolarmente affezionata?
Nel mio romanzo Nient'altro che amare mi sono letteralmente "innamorata" di Hans, il marinaio che arriva al paese di Maria a' Zannuta e che ha una storia (e un figlio) con lei. Ancora adesso trovo che sia un personaggio bellissimo e misterioso. Mi piacerebbe sapere di più su di lui, ma la Zannuta non mi sa dire nient'altro che quello che mi ha detto... Forse farò delle ricerche sulle navi mercantili delle lontane Americhe, chissà che non sappia qualcos'altro su di lui...

Sentiamo spesso dire che in Italia si legge poco, ma che di contro si scriva tanto. Tu cosa ne pensi? Luogo comune o paradossale realtà?
Purtroppo è vero. Non ci credevo, ma ho scoperto che è così. Qualche tempo fa, un amico di mio figlio mi disse che "da grande avrebbe fatto lo scrittore". Perché mi piace molto scrivere e inventare storie, soprattutto fantasy, mi disse. Oh, bene, risposi io, allora hai letto...? Alla sua risposta negativa, proposi un'altra gamma di titoli - basilari per chi ama il genere, da Tolkien a C.S. Lewis, Ursula K. Leguin per passare dall'italianissima e grandissima Silvana De Mari - e alla mia meraviglia nel vedere che non ne aveva non solo letti nessuno, ma neppure sentito parlare si giustificò, stringendosi nelle spalle "Sì, a me piace molto scrivere, ma proprio quello che non mi piace fare è leggere!". Ecco qua, ho pensato. Tutto vero.

Libro cartaceo e libro digitale. Guerra all'ultimo sangue, o fiera alleanza?
Amo moltissimo il libro cartaceo, soprattutto perché io leggo sempre con una matitina che fa da segnalibro (conservo quelle consumate da troppo uso del temperamatite dei miei figli a scuola) per sottolineare i passaggi più belli o scrivere le mie considerazioni o i miei dubbi. Sul libro digitale questo non si può fare. Ma i libri pesano molto, sono ingombranti e soprattutto... costano molto, ultimamente. E il libro digitale, soprattutto con il Kindle, risolve questi ultimi problemi. Io mi auguro in una fiera alleanza tra le due cose: un libro molto bello, che vale la pena rileggere e sottolineare si può prima leggere in digitale ed eventualmente poi comprare in cartaceo per conservarlo in entrambi i formati. Mentre un libro mediocre o proprio brutto, si può cancellare senza aver fatto soffrire un albero per niente...

Progetti in campo?
Ho due romanzi nel cassetto che sto proponendo a editori. Spero in una risposta positiva per almeno uno dei due. E... forse uno spin-off della "Zannuta", ma stavolta ambientato in Brasile. Ma... non ditelo in giro, perché è un segreto!
Marco Mazzanti
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ANIMA DI CARTA INTERVISTA LA ZANNUTA!
animadicarta.blogspot.it/2012/07/nientaltro-che-amare-faccia-faccia-con.html?...

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CODE DI STAMPA - INTERVISTA AD AMNERIS DI CESARE
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POTTEROLOGIA: INTERVISTA AD AMNERIS DI CESARE
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SCRITTORI DEL MONFERRATO - PAGINA 19
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STREPITESTI.IT - NOVELLINO INTERVISTA AMNERIS DI CESARE
strepitesti.blogspot.it/2012/07/giuseppe-novellino-intervista-amne...

Diamo il benvenuto ad Amneris Di Cesare, autrice del romanzo Nient'altro che amare, su Strepitesti



Ci puoi fornire alcune brevi notizie riguardo la tua vita e la tua persona?
Ho 52 anni compiuti da pochi giorni, sono di Bologna ma sono nata in Brasile, a San Paolo. Ci tengo molto al luogo della mia nascita, il Brasile è il mio secondo Paese; il paese del cuore, per cultura, per lingua, per affinità, per amore a un suolo. Ma la mia terra è l’Italia e sono italianissima, l’italiano è la mia lingua madre e gli scrittori con cui sono cresciuta e mi sono educata sono Dante, Manzoni, Foscolo, quelli che ho amato e amo con passione sono Pavese, Cassola e Calvino e… Stefano Benni. Ho un “passato” da “donna in carriera” al quale poi ho rinunciato per scegliere di essere mamma e moglie. Negli ultimi anni ho fatto solo questo: pappe, pannolini, cartoni animati e… Harry Potter, Frodo, Yorsh, protagonisti di saghe fantasy che leggevo ai miei figli la sera prima di andare a dormire.

Che cosa trovi nell’attività di scrittrice?
Scrivere è da sempre il mio obiettivo. Fin da bambina, imparare a leggere prima, trascrivere le favole che mi raccontavo poi è sempre stato tra le mie priorità. Qualche giorno fa, una mia ex-compagna di scuola ricordava come il primo giorno di liceo, alla domanda della professoressa di italiano “Cosa vuoi fare nella tua vita futura?” là dove tutti erano indecisi e confusi sulla risposta, io risposi secca, sicura, determinata “voglio diventare scrittrice”. Di questo episodio non mi ricordavo. Ma la dice lunga sui miei sogni di adolescente.
Scrittrice è una parola grossa, non mi definirei mai così. Gli Scrittori, per me, sono i Calvino, i Pontiggia, o le Grazia Deledda e le Elsa Morante. Io mi sento una “cantastorie”. Perché quello che mi spinge a scrivere è il raccontare. Esattamente come facevo da bambina, quando trascorrevo i miei pomeriggi a raccontarmi favole che mia nonna ormai non ricordava più, prendendo spunto da un filo d’erba, il foglio di carta velina che avvolgeva le arance, un fiore o addirittura una stalattite di ghiaccio che pendeva dal tetto d’inverno. Scrivere è viaggiare e vivere mille vite differenti pur restando ferma, a casa mia, con i miei affetti, ad occuparmi di loro.

Hai pubblicato molto sul web. Puoi dirci qualcosa su questa moderna opportunità che hanno oggi gli scrittori esordienti o poco conosciuti?
Il web per me è quasi tutto, lo ammetto. Da lì è ripartita la mia voglia di scrivere, attraverso di esso ho studiato, imparato, lavorato per comprendere come maturare e migliorare il mio stile. Sul web ho conosciuto blogger che scrivevano divinamente, ho messo in gioco i miei primi timidi tentativi di narrazione, ho subito anche qualche “bastonata” virtuale che mi è servita a rafforzare la mia voglia di perseverare, e sul web è nato il mio forum FIAE, prima per gioco, anzi, per protesta, perché l’abbiamo aperto Fabio Musati e io un pomeriggio dopo aver lasciato un altro forum di scrittori e scritture nel quale avevamo avuto qualche accesa divergenza, e che oggi, a sette anni di distanza, si è consolidato in un gruppo/laboratorio, dove all’interno, in un ambiente privato, lavoriamo sui testi, ci consigliamo, critichiamo anche molto duramente i lavori proposti, scambiamo esperienza e informazioni su quanto avviene di importante e interessante sul web inerente alla scrittura. Siamo pochissimi, una trentina soltanto, perché per noi non conta il numero degli iscritti ma la qualità della partecipazione. Abbiamo anche realizzato un progetto di cui vado molto orgogliosa, Code di Stampa, un’antologia di racconti animalisti per beneficenza, le royalty infatti sono interamente devolute alla Onlus Animalista Save The Dogs and Other Animals di Sara Turetta, e tutto il progetto, dalla redazione dei racconti, alla ricerca di un editore, assolutamente NOEAP, fino alla promozione passando per la creazione sia delle illustrazioni e della copertina e delle parti ludiche al suo interno, è un lavoro interamente svolto in ambito FIAE, diretti da una curatrice spettacolare, Marina Lenti. Una prova che lavorare in tanti, provenienti dalle più disparate località italiane, ma in remoto, non conoscendoci di persona affatto (ci stiamo conoscendo adesso, in occasione delle presentazioni) è possibile, fattibile ed è anche un’esperienza esaltante, sebbene impegnativa e faticosa. L’esperienza della promozione svolta per questo libro mi ha insegnato tantissimo, anche in termini di opportunità future personali. Quindi sì, direi che il web è uno strumento fondamentale per gli scrittori esordienti o poco conosciuti, e non solo perché permette di promuovere le proprie pubblicazioni, ma soprattutto perché dà la possibilità di inventare e sperimentare.

Parliamo del tuo romanzo. Innanzitutto voglio chiederti se si tratta di un fatto vero.

No, non si tratta di un fatto vero. Avrei infatti voluto che nella prima pagina del libro fosse scritto “ogni riferimento a fatti e persone o luoghi è puramente casuale” o qualcosa del genere. Mi sono ispirata alla vita di molte donne di cui ho sentito parlare e raccontare negli anni, questo sì, ma in realtà, Maria mi è apparsa davanti, come dal nulla e ha iniziato a raccontarmi la sua storia senza fermarsi fino alla fine. L’unico spunto, la scintilla che ha permesso questa “apparizione” è stata Filumena Marturano, la celebre opera di Eduardo De Filippo, drammaturgo che adoro. Le lacrime che non scendono di Maria a’ Zannuta sono prese in prestito da quelle di Filumena. Del resto, io non posso scrivere nulla di autobiografico. Quando lo faccio, il testo che ne risulta è pietoso, illeggibile. Meglio inventare di sana pianta, creare, costruire, viaggiare con la mente e con la fantasia. Cosa assai pericolosa, perché in genere quando faccio questo, o sto cucinando o sto guidando. E in entrambe le situazioni, posso causare molti danni…

Quale messaggio hai voluto trasmettere attraverso la figura di Maria “’a Zannuta”?
Non credo che si inizi decidendo a tavolino cosa si vuole creare e perché. Magari esistono scrittori così, che pianificano tutto, persino il messaggio da trasmettere prima di iniziare a raccontare. Io non lo faccio. Volevo solo raccontare una storia. La storia di una donna senza voce. La storia di una donna invisibile, di cui la gente che passeggia su un lungomare o in una via di grande “struscio” non si accorge, o se se ne accorge, sposta lo sguardo immediatamente dal lato opposto, per dimenticarsene subito. Mi capita di osservare la vita di fronte a me con un’insistenza particolare verso persone o dettagli all’apparenza insignificanti: un senzatetto addormentato sotto un portico, una finestra accesa di notte, in un appartamento. E di farmi domande sulla vita che c’è dietro quel vagabondo, quella finestra illuminata: un amore perduto, un dolore troppo forte da sopportare, un figlio o un’amante che lo hanno rinnegato? Una televisione accesa, una signora insonne che ricorda la sua giovinezza, che ammira una vecchia fotografia in una cornice di legno? Ecco, Maria a’ Zannuta è quella finestra illuminata di notte.

La vicenda si svolge in un Sud d’Italia non esplicitamente identificato. Perché?
Non amo i luoghi definiti, specifici, circoscritti. Nominare un luogo preciso avrebbe imprigionato la storia di Maria in una gabbia regionale che non volevo le appartenesse. Maria è meridionale solo perché casualmente è nata e vive in un paese del sud. Ma può essere tranquillamente una donna latinoamericana, africana. Maria è nata in Calabria. Va bene così.

Puoi confermare l’impressione che hai voluto mettere, nel tuo romanzo, alcune atmosfere tipiche della tradizione narrativa meridionalista?

Con ogni probabilità le mie letture di quel periodo hanno condizionato il registro narrativo. Penso appunto a Eduardo de Filippo, ma anche a Carmine Abate, scrittore calabrese di Carfizzi, paesino sulle montagne del crotonese, di cui ho letto tre bellissimi libri qualche anno fa e che ho scoperto con grande gioia essere oggi nella rosa dei cinque finalisti del Premio Campiello quest’anno, ma un libro, su tutti, mi ha particolarmente ispirato ed è “Tonna” di Falcone Lucifero, un libriccino antico, frusto dalle tante letture e dai tanti passaggi di mano e prestiti, che mi ha fatto leggere qualche anno fa una mia carissima amica. La storia di una donna crotonese, moglie di un pescatore, agli inizi del 900. Una storia semplice, senza scossoni, azioni o colpi di scena, di vita quotidiana, di lavoro e sofferenza, di sopportazione e di speranza. Ecco, queste sono state le atmosfere che mi hanno accompagnato e che mi hanno ispirato nella narrazione.

Interessante è l’aspetto linguistico. Perché hai riportato tante frasi del dialetto locale?
Perché adoro il dialetto di Crotone, città d’origine di mio marito. Lo amo, e quando lo ascolto mi diverto, mi scialo proprio! E pensare che la prima volta che sono scesa a conoscere la famiglia di mio marito, seduti a tavola, tutti parlavano, e io non capivo una sola parola! È una lingua, un idioma musicale, come può esserlo il bolognese (dialetto che invece parlavano i miei nonni) o il portoghese, lingua del Brasile, paese dove sono nata (un racconto che ancora non ho pubblicato, Sonhar não custa nada e che idealmente sarebbe una sorta di continuazione di Zannuta, è scritto allo stesso modo, però con frasi in portoghese brasiliano. Spero che presto trovi una sua collocazione, perché si tratta di un vero e proprio spin-off carioca sulla storia di un personaggio presente nella vita di Maria). Amo le intonazioni differenti di questo mio paese, l’Italia, e le diverse lingue, gli usi e i costumi così disparati, che cambiano anche solo dopo venti chilometri di distanza da un posto all’altro. E la mia Zannuta non poteva che parlare nel dialetto crotonese e avere l’intonazione tipicamente musicale di questi luoghi. Mi sono anche molto divertita a farla parlare e a farla muovere in mezzo a espressioni che sento tutti i giorni e che amo molto.

Hai voluto fare della critica sociale?
Non intenzionalmente. Certo è che l’abitudine, non necessariamente meridionale, di affibbiare un soprannome che può in qualche modo determinare e rovinare la vita a una persona è una pratica brutta che va in qualche modo segnalata. La facilità con cui i giovani d’oggi deridono i deboli, il bullismo, l’emarginazione, la violenza fine a se stessa e l’approfittarsi della fragilità delle donne, di certe donne non privilegiate dalla vita, sono altri aspetti che Nient’altro che amare scruta e che mi fa piacere siano stati posti per un attimo in evidenza.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Scrivere. È ormai diventata un’ossessione. C’è chi beve, chi fuma, chi va in palestra e si scolpisce il corpo, chi fa shopping compulsivo. Io invento storie, compulsivamente. Ma bisogna pur avere almeno un vizio nella vita no?
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